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Cassazione: il danno da perdita di chance anche al malato terminale

Professione Redazione DottNet | 14/04/2014 22:27

La Cassazione civile ,sezione III, con la sentenza 27.03.2014 n° 7195 chiarisce che, in tema di danno alla persona conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno non patrimoniale risarcibile l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché determini la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico ed allorché, per effetto del ritardo, faccia perdere al paziente la chance di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita, nonché la possibilità di vivere più a lungo di quanto, poi, effettivamente vissuto

 

l fatto: Una donna cinquantenne muore in seguito ad una grave patologia neoplastica. Il marito decide di denunciare i medici dell'ospedale perché, per fatto e colpa dei dipendenti o collaboratori della struttura sanitaria, la moglie era stata vittima di un erroneo trattamento terapeutico. Nello specifico, i chirurghi, riscontrato il tumore ovario di cui era affetta la vittima, si sarebbero limitati al solo ovaio colpito dalla neoplasia, senza asportare anche l'altro ovaio e l'utero, decisione che, a detta della difesa attrice, aveva comportato la perdita di chance di sopravvivenza e/o l'accelerazione del decesso della signora.

In entrambi i due primi gradi di giudizio, tuttavia, le istanze del marito venivano rigettate, escludendosi che la condotta dei sanitari potesse essere, nella fattispecie, ascritta a concausa della morte della donna. Analoga sorte per ciò che attiene la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance. Gli eredi della vittima adivano pertanto le vie legali per chiedere, tra l’altro, la cassazione del capo di sentenza che aveva rigettato la domanda di risarcimento di tale voce di danno.

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La decisione: Con un primo motivo di ricorso il marito della vittima censurava la sentenza della Corte di appello per "mancata pronuncia su un punto essenziale" e facendo riferimento alla giurisprudenza di legittimità in tema di perdita di chance, sosteneva che i giudici del merito avrebbero dovuto riconoscere la tutela patrimoniale rispetto al diritto a mantenere intatte le proprie chances di sopravvivenza, diverso da quello della vita o dell'integrità fisica. Il ricorrente, in particolare, evidenziava come si sarebbe dovuta riconoscere, nel caso di specie, la tutela ad “un bene intermedio”, quale il diritto a mantenere integre le proprie chances, che presuppone il riconoscimento dell'autonomia della chance rispetto al risultato utile prefigurato. Ebbene, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte territoriale in diversa composizione. In particolare, la Terza Sezione ha aderito all’impostazione difensiva in virtù della quale riconoscere il diritto del malato a mantenere integre le proprie chances di sopravvivenza equivale a presupporre il riconoscimento della tutela ad un “bene intermedio” diverso da quello della vita e da quello della salute: il che determina l’autonomia della chance rispetto al risultato utile prefigurato.

Accolta tale interpretazione, due sono i principi più generali che ne derivano:

a) in tema di danno alla persona conseguente a responsabilità medica integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, allorché abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento chirurgico, che normalmente sia da praticare per evitare che l’esito definitivo del processo morboso si verifichi anzitempo, prima del suo normale decorso, e risulti inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta dal paziente la chance di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita nonché la chance di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti;

b) dà luogo a danno risarcibile l’errata esecuzione di un intervento chirurgico praticabile per rallentare l’esito certamente infausto di una malattia, che abbia comportato la perdita per il paziente della chance di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi effettivamente vissuto. In tale eventualità, le possibilità di sopravvivenza, misurate in astratto secondo criteri percentuali, rilevano ai fini della liquidazione equitativa del danno, che dovrà altresì tenere conto dello scarto temporale tra la durata della sopravvivenza effettiva e quella della sopravvivenza possibile in caso di intervento chirurgico corretto.

fonte: altalex

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