In Italia sono 610mila i pazienti e oltre 50mila i nuovi casi diagnosticati ogni anno.
La fibrillazione atriale comporta il malfunzionamento delle camere superiori ed inferiori del cuore, le quali non battono in modo sincrono. a causa di tale malfunzionamento, il cuore non riesce a svolgere correttamente le sue normali funzioni: gli atri si contraggono rapidamente e caoticamente, favorendo la formazione di coaguli di sangue, mentre i ventricoli si riempiono con meno sangue, e lavorano meno efficacemente determinando una perdita di funzionalità cardiaca.
Il 70% dei pazienti percepisce la fibrillazione atriale come un battito cardiaco veloce e irregolare, mentre nel 30% dei casi i sintomi sono sfumati o non ci sono.
Uno studio condotto dal gruppo di Gaita, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology, «Dimostra che non solo la fibrillazione atriale è causa di ictus - continua - ma anche di eventi ischemici cerebrali silenti, che riducono la capacità cognitiva dei pazienti con fibrillazione atriale rispetto a quelli con ritmo sinusale».
I primi episodi di fibrillazione atriale durano poco e si risolvono spontaneamente. Con il progredire della malattia però, aumentano frequenza e durata. La diagnosi spesso non avviene nelle prime fasi della malattia, ma solo quando gli episodi hanno durata giornaliera e sono documentabili con l'elettrocardiogramma.
Per ridurre il rischio di ictus e l'affaticamento del cuore è fondamentale una diagnosi precoce.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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