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Ictus: quando l'assistenza sanitaria è sostenibile

Cardiologia Redazione DottNet | 02/12/2014 11:54

Un'assistenza sanitaria migliore è sostenibile quando è possibile calcolare i vantaggi futuri. Così Gianfranco Gensini, Vice Presidente la 1/a Sezione del Consiglio Superiore di Sanità, che porta ad esempio le nuove terapie a base di anticoagulanti o

Un'assistenza sanitaria migliore è sostenibile quando è possibile calcolare i vantaggi futuri. Così Gianfranco Gensini, Vice Presidente la 1/a Sezione del Consiglio Superiore di Sanità, che porta ad esempio le nuove terapie a base di anticoagulanti orali

Proprio in questo caso, studi assicurano fin d'ora risultati clinici futuri quantificabili in 11 mila casi di ictus evitabili ogni anno, corrispondenti a un risparmio di circa 230 milioni di euro l'anno. Questo perché si stima che il costo medio annuo per il paziente colpito da ictus sia di 20 mila euro, e i costi per la famiglia e la collettività siano di 30 mila. La fibrillazione atriale (Fa) è una alterazione del ritmo cardiaco che colpisce un milione di italiani e si associa a un rischio di ictus cerebrale 5 volte maggiore rispetto a chi non soffre di Fa. Si calcola che dei 200 mila casi di ictus stimati ogni anno in Italia, 30-36 mila sarebbero imputabili alla Fa.

''Il fatto è che la Fa è sottodiagnosticata, e il suo trend è in aumento, ma nel 20% di ictus inspiegati c'è una Fa latente'', per Giuseppe Di Pasquale, direttore Cardiologia Ospedale Maggiore di Bologna, che spiega: ''Nella Fa si formano piccoli trombi nel cuore; il rischio di ictus è proprio la possibilità che dal trombo si stacchi un frammento che vada a chiudere un'arteria che porta sangue al cervello.

La terapia preventiva è dunque costituita da farmaci anticoagulanti. In Italia però c'è un sottotrattamento, dovuto ai limiti dei farmaci finora usati''. ''Questi farmaci - dice Di Pasquale - son difficili da gestire per il bisogno di continui controlli ematici, per l'interazione con alimenti e altri farmaci. Invece i nuovi anticoagulanti orali (rivaroxaban, dabigatran e apixaban) sono più maneggevoli e sicuri, non richiedono controlli ematici, sono somministrati a dosaggio fisso e non interagiscono con cibi e altri farmaci''.

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Il Centro Ricerca in Valutazione delle Tecnologie Sanitarie (Università Cattolica di Roma) ha dimostrato come l'utilizzo di rivaroxaban, con quote incrementali (8% il 1/o anno fino al 30% il 3/o anno), consenta di ridurre il numero di ictus di 642 eventi il 1/o anno, di 1636 il 2/o e di 2504 il 3/o anno, con risparmi per il SSN di 7 milioni di euro nel primo anno, 19 mln nel secondo e 32 mln nel terzo''. 

fonte: ansa, iss

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