L'incidenza delle allergie alimentari è in forte aumento negli ultimi anni.
Diversi rilevamenti condotti negli Stati Uniti evidenziano come ca. il 25% della popolazione adulta statunitense riferisce di aver dovuto modificare le proprie abitudini alimentari a causa di un’allergia alimentare.
In realtà si stima che le vere allergie alimentari (su base immunologica) riguardino tra il 2% e il 10% della popolazione adulta, essendo spesso la modificazione del modello alimentare autoindotto e la presunta allergia autodiagnosticata,magari sulla semplice base psicologica di un’avversione a taluni alimenti.
Secondo la più recente (2001) classificazione dell'EAACI (European Academy of Allegology and Clinical Immunology) tutte le reazioni avverse, di natura non tossica, ad un alimento dovrebbero essere considerate delle reazioni di ipersensibilità.
Qualora si riesca a dimostrare una patogenesi immunologica della reazione si può correttamente parlare di allergia alimentare.
A seconda del meccanismo patogenetico coinvolto si possono distinguere un allergia alimentare IgE-mediata ed una allergia alimentare non IgE-mediata.
Se non è possibile dimostrare un coinvolgimento del sistema immunitario occorre utilizzare l'espressione “reazione da ipersensibilità non allergica”.
Questo gruppo di reazioni agli alimenti comprende attualmente quelle che in passato venivano chiamate intolleranze alimentari.
L'eliminazione dalla dieta dell'alimento verso cui il paziente è allergico rappresenta il trattamento principale per prevenire ulteriori reazioni nel soggetto con allergia alimentare.
La completa eliminazione dalla dieta dell'alimento allergizzante non è un’opzione terapeutica sempre praticabile, in quanto l'alimento può essere un componente essenziale della dieta (come ad esempio il latte e l'uovo) oppure può essere difficile identificare allergeni nascosti o cross-reagenti .
Più interessante è l’epidemiologia delle allergie alimentari per ciò che riguarda i primi 2 anni di vita. Se si considerano le diverse fasce d'età, le stime dei rapporti europei parlano di una percentuale compresa fra lo 0,3 e il 7,5% nei bambini al di sotto dei due anni, quando la barriera intestinale è ancora immatura.
Gli allergeni alimentari sono in maggioranza molecole di natura proteica e oltre ad essere classificati secondo le categorie alimentari, sono anche distinti in base al meccanismo patogenetico della sensibilizzazione:
1) allergeni completi - (latto e ovo-albumine e proteine dei crostacei e del pesce)
2) "non sensitizing elicitors” - (allergeni vegetali che cross-reagiscono con le IgE dei pollini).
Clinica
L’allergia alle proteine del latte vaccino è la più frequente di tutte le allergie alimentari.
Al di sotto dei 2 anni interessa il 3-5% di tutti i bambini e in oltre la metà dei casi inizia entro il primo mese di vita o al massimo entro i primi 2-3 mesi; in seguito le manifestazioni si riducono fino a scomparire generalmente all’età di 10 anni; rara negli adulti.
Anche l’allergia all’uovo, soprattutto all’albume d’uovo, è una delle forme di allergia più frequenti nel bambino: inizia dopo i sei mesi e tende ad attenuarsi col passare degli anni; è rara negli adulti.
Vi sono forme di allergia in pediatria che sono da considerarsi miste, in quanto le manifestazioni cliniche riguardano organi e apparati differenti e la sintomatologia è scatenata da allergeni di diversa provenienza compresi quelli dagli alimenti.
La più significativa tra queste è la dermatite atopica o eczema atopico (AD) che è l’espressione cutanea dell’atopia, condizione geneticamente determinata, che predispone allo sviluppo di manifestazioni reattive/allergiche a carico di vari organi ed apparati (asma bronchiale, rinite e congiuntivite allergica).
È una affezione molto frequente che colpisce circa il 30% della popolazione pediatrica.
Vi sono forme di allergia in pediatria che sono da considerarsi miste, in quanto le manifestazioni cliniche riguardano organi e apparati differenti e la sintomatologia è scatenata da allergeni di diversa provenienza compresi quelli dagli alimenti.
Inoltre si è evidenziato che circa il 10% dei bambini che soffre di pollinosi, può manifestare un’allergia crociata pollini-alimenti, dovuta ad una proteina con caratteristiche simili, contenuta sia in alcuni pollini, che in alcuni tipi di frutti.
Può accadere, quindi, spesso, che un bambino sensibile alle Graminacee possa manifestare una reazione allergica mangiando un arancio o un pomodoro, un altro sensibile alla parietaria può reagire in modo eccessivo (arrossamento alla bocca, prurito linguale, etc) quando mangia delle ciliegie.
Di seguito i vegetali che danno più spesso reazioni crociate.
- Betulla con: mela, pera, pesca, albicocca, prugna, ciliegia, banana, noce, nocciola, sedano, finocchio, carota.
- Nocciolo con: mela, pesca, ciliegia, carota, limone.
- Parietaria con: gelso, basilico, ciliegia, melone.
- Graminacee con: pomodoro, melone, anguria, arancia, kiwi, frumento.
- Composite con: sedano, mela, melone, anguria.
- Ambrosie con: melone, banana.
- Acari con: gamberetto, lumaca.
Diagnosi
Se l’anamnesi può essere risolutiva il più delle volte nelle forme di allergia di tipo pronto o immediato, più difficile può essere smascherare l’alimento sospetto nelle forme ritardate (cellulo-mediate) o da immunocomplessi .
L’esame obiettivo dovrà valutare lo stato nutrizionale talora compromesso in presenza di malassorbimento o da diete incongrue e non controllate.
I challenge test orali consistono nella somministrazione per os dell’alimento/additivo sospettato.
Sono utili per definire il ruolo patogenetico di una sostanza (proteina alimentare o additivo) quando gli altri test disponibili sono negativi o poco significativi, oppure nel caso di polisensibilizzazioni.
Decisione Terapeutica
Il DBPCFC double-blind placebo controlled food challenge) conferma la diagnosi nel 30-40% dei pazienti con allergia alimentare.
Altri test immunologici per la dimostrazione delle IgE specifiche sono: in vivo il prick test, in vitro il RAST, nonché l’aumento di mediatori dell’infiammazione quali proteina cationica eosinofila, proteina x e triptasi.
Per la diagnosi certa e per la decisione terapeutica successiva conviene applicare diari dietetici, dieta di eliminazione e infine il test di scatenamento.
Il test di scatenamento in doppio cieco può esporre a rischi è quindi da eseguire in ambiente ospedaliero.
In età pediatrica i test di scatenamento sono di 3° livello.
Terapia
L’unico trattamento universalmente accettato per le allergie alimentari consiste nell’evitare il cibo scatenante, previa educazione del paziente (e dei suoi familiari) e attenta considerazione delle fonti occulte di allergeni.
La terapia dietetica consiste nell’adozione di diete di eliminazione mirate. L’eliminazione del cibo scatenante dovrebbe condurre alla scomparsa delle manifestazioni cliniche.
Nello stabilire il piano dietetico deve essere inoltre indagata la possibilità di reazioni crociate tra alimenti in causa ed altri appartenenti alla stessa famiglia botanica, anche se il riscontro diagnostico di cross-reattività spesso non corrisponde alla comparsa di manifestazioni cliniche.
Terapia nel neonato e bambino atopico
Nei lattanti che presentano atopia e diatesi allergica familiare fortemente positiva si deve favorire l’allattamento al seno protraendolo il più possibile. Lo svezzamento va gradualmente programmato con la scelta di alimenti speciali.
Nel caso in cui sia impossibile l’allattamento al seno si possono introdurre i latti formulati.
Vi sono studi che promuovono la prevenzione dietetica delle allergie nei casi di atopia del lattante anche quando le manifestazioni sono minori.
Bibliografia:
1. Hosking CS, Bennett CM, Allen KJ, Axelrad C, Carlin JB, et al. Effect of a partially 2948 hydrolyzed whey infant formula at weaning on risk of allergic disease in high‐risk children: a randomized controlled Lowe trial. The Journal of allergy and clinical immunology. 2011 Aug;128(2):360‐5 e4. PubMed PMID21696814.
2. Chafen JJ, Newberry SJ, Riedl MA, Bravata DM, Maglione M, Suttorp MJ, et al. Diagnosing and managing common food allergies: a systematic review. JAMA : the journal of the American Medical Association. 2010 May 12;303(18):1848‐56. PubMed PMID: 20460624. Epub 2010/05/13. eng. 2010. (Ia).
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