Sono oltre 10.000 le mutazioni genetiche responsabili di altrettante malattie, trasmissibili da genitori portatori ai propri figli, che è possibile diagnosticare grazie alla diagnosi genetica preimpianto (Preimplantation genetic diagnosis PGD) sull'embrione. Tra queste, la fibrosi cistica, talassemia, atrofia muscolare spinale, emofilia A o B, sindrome dell'X-Fragile.
Questa procedura di screening che precede l'impianto in utero dell'embrione permette, infatti, di identificare la presenza di malattie ereditarie o di alterazioni cromosomiche in fasi molto precoci dello sviluppo, ovvero quando l'embrione è ancora allo stadio di blastocisti (una fase embrionale iniziale, generalmente collocata tra il quarto e il 14/mo giorno dopo la fecondazione). Una delle tecniche più utilizzate per la PGD è la biopsia dell'embrione, che viene effettuata da tre a cinque giorni dopo la penetrazione dello spermatozoo nell'ovocita. Tale tecnica viene eseguita di solito su embrioni composti da otto cellule, condizione raggiunta normalmente a partire dal terzo giorno. Una o due di queste cellule, chiamate blastomeri, possono essere rimosse con scarsi rischi, sottolineano gli esperti, relativi allo sviluppo futuro dell'embrione.
Oltre il 95% di tali patologie genetiche non ha una cura specifica e, nonostante individualmente siano molto rare, hanno una prevalenza totale stimata intorno all'1% nella popolazione generale.
Per l'Europa, secondo i dati ESHRE relativamente al 2009-2010, sono 6.160 i cicli di prelievi ovocitari per diagnosi pre-impianto e 1.238 bambini nati. Inoltre, nei 2580 cicli eseguiti per malattie genetiche o cromosomiche ereditarie, non è stato riportato alcun caso di errore diagnostico.
fonte: ansa
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