Il divieto di utilizzare gli embrioni per la ricerca scientifica, contenuto nella legge 40/2004, non viola i diritti di Adelina Parrillo. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani con una sentenza definitiva.
La legge 40 sulla fecondazione assistita passa indenne l'ultimo esame della Corte europea dei diritti dell'uomo: l'Italia può continuare a vietare qualsiasi sperimentazione sugli embrioni, e quindi proibirne anche il dono a fini scientifici, come previsto dall'articolo 13 della norma. L'ha stabilito una sentenza definitiva sul ricorso presentato da Adelina Parrillo, la vedova di Stefano Rolla, morto nell'attentato di Nassiriya del 2003.
Nel rivolgersi alla Corte di Strasburgo la donna aveva sostenuto che il divieto impostole dallo Stato di donare gli embrioni creati nel 2002 con il suo compagno ledeva il suo diritto al rispetto della vita privata e quello al rispetto della proprietà privata. I togati di Strasburgo le hanno dato torto su entrambi i punti osservando tra l'altro che "gli embrioni umani non possono essere ridotti a una proprietà come definita dall'articolo 1 protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani". Una decisione che è stata salutata da molti come una grande vittoria e un punto fermo sulla questione. "La Corte ha riconosciuto la ragionevolezza della legge 40 a partire dal non avere ridotto gli embrioni ad una proprietà", ha detto il ministro della salute Beatrice Lorenzin. Mentre Carlo Casini, presidente onorario del Movimento per la vita, una delle organizzazioni intervenute davanti alla Corte contro Parrillo, ha sottolineato la "straordinaria importanza della sentenza perché nel suo nucleo fondamentale essa afferma che l'embrione non può essere oggetto di proprietà anche quando la sua vita è appena cominciata e si trova in una provetta".
Di "buone notizie" da Strasburgo ha parlato anche Paola Binetti, parlamentare di Area popolare: la Corte ha stabilito che "gli embrioni non sono semplice materiale biologico da utilizzare per esperimenti scientifici". Ma i giudici hanno soprattutto analizzato approfonditamente la questione dal punto di vista del rispetto della vita privata, e quindi del diritto a decidere per gli embrioni, di Parrillo. E su questo, nonostante il voto finale sulla sentenza (16 favorevoli e solo un contrario) non lo mostri, la Corte si è spaccata tra chi ha ritenuto eccessivo il margine di manovra così riconosciuto di fatto alla legislazione nazionale e chi avrebbe voluto cogliere l'occasione per definire meglio il diritto alla vita di embrione e feto.
Lo stesso testo della sentenza ha del resto confermato quanto la questione resti controversa. Circa due terzi delle 68 pagine che la compongono sono occupate dalle obiezioni, spesso di segno opposto, sollevate da ben 14 giudici. Tra questi, otto hanno criticato fortemente la decisione odierna perchè, secondo loro, ha riconosciuto in linea di principio il diritto a decidere sugli embrioni, costituendo così un precedente per altri eventuali ricorsi anche se quello della Parrillo non è stato accolto. Un punto fermo la Corte l'ha invece messo su un altro tema controverso affermando che non c'è nessun obbligo, per chi voglia presentare un ricorso a Strasburgo, di farlo solo dopo che la questione sia già stata esaminata dalla Corte Costituzionale nazionale.
Gli embrioni sovrannumerari (cio' che non sono stati impiantati) e dichiarati in stato di 'abbandono' nei vari centri di procreazione medicalmente assistita in Italia sono circa 3.000. La sentenza di Strasburgo che ha respinto il ricorso non rappresenta l'ultima parola sulla questione: sara' infatti la Corte Costituzionale a doversi esprimere, dopo aver gia' colpito alcuni capisaldi della controversa legge 40. In questi anni sono stati infatti gia' eliminati il divieto di produzione di piu' di tre embrioni e crioconservazione, l'obbligo contemporaneo di impianto di tutti gli embrioni prodotti, il divieto di fecondazione eterologa e di accesso alla diagnosi pre-impianto per le coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche.
Intanto per gli embrioni abbandonati la condizione di 'limbo' biologico puo' durare per un tempo indeterminato. La condizione di vita 'sospesa' nella quale si trovano gli embrioni congelati e immersi nell'azoto liquido alla temperatura 197 gradi sotto zero ha trovato un record nel 2010, quando in Gran Bretagna e' stato 'risvegliato' un embrione congelato da 20 anni. Per un altro embrione congelato 19 anni fa, una donna di Bologna lo scorso anno marzo ha ottenuto l'ok all'impianto. Prima del via libera al reimpianto dell'embrione congelato 19 anni fa, a detenere il record italiano era un embrione reimpiantato dopo 11 anni.
Questo bambino 'venuto dal freddo' e' nato nel 2009 nel centro diretto da Eleonora Porcu, pioniera nel congelamento degli embrioni e responsabile del Modulo di infertilita' e procreazione medicalmente assistita dell'universita' di Bologna Nel mondo la prima bambina arrivata dal freddo e' stata Zoe, nata in Australia nel 1984. Il primo record di conservazione e' stato battuto nel 1999 negli Stati Uniti, con un bambino nato dopo sette anni e mezzo; nel 2004 in Israele sono nati due gemelli da embrioni conservati per 12 anni; nel 2006 in Spagna e' nato un bimbo da un embrione conservato per 13 anni e nel 2010 in Gran Bretagna e' nato un bambino da un embrione conservato per 20 anni.
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