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In arrivo test del sangue per diagnosticare i grandi tumori

Oncologia Redazione DottNet | 29/10/2015 19:03

L'obiettivo è renderlo disponibile entro 2-3 anni; allo studio anche per altri tipi di tumore

Un semplice test del sangue per diagnosticare i 'grandi' tumori - come quello al polmone, alla prostata e al seno - fino a due anni prima che la malattia sia visibile ad esempio ad una tac e in un fase in cui tutti gli altri test diagnostici sono negativi: l'obiettivo è renderlo disponibile entro 2-3 anni, con il fine di diminuire drasticamente la mortalità adottando strategie terapeutiche mirate. A fare il punto sull'avanzamento della sperimentazione, sostenuta dall'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), è Ugo Pastorino, direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell'Istituto nazionale tumori di Milano.

''Abbiamo concluso il reclutamento e completeremo il test su 4000 volontari entro dicembre, perfettamente in linea con gli impegni presi con l'Airc e questo ci da una grande soddisfazione'', afferma Pastorino all'Ansa, in occasione della Giornata nazionale per la ricerca sul cancro. Lo studio, spiega, ''naturalmente richiederà un periodo di osservazione ancora di 1-2 anni per produrre dei risultati validi sull'efficacia, però noi stiamo nel frattempo lavorando alla ottimizzazione del test, per renderlo applicabile a livello di grandi numeri, e confidiamo che ciò avverrà nell'arco dei prossimi due anni''.

La cosa importante, sottolinea, ''è che la stessa strategia la stiamo applicando ad altri tumori oltre al polmone, e cioè a grandi tumori come quello al colon, alla mammella, alla prostata ed il melanoma, e ciò dovrebbe permetterci di mettere a punto un test che non sia semplicemente finalizzato alla scoperta di un solo tipo di tumore ma di tanti''.

Con un obiettivo: ''Il nostro sogno è quello di poter offrire un unico test del sangue che dia un profilo di rischio per tutti i grandi tumori''. Quanto ai tempi, ''abbiamo un impegno a chiudere la fase di sperimentazione nei prossimi 2-3 anni e pensiamo di riuscirci''.  L'aspetto che però interessa di più i ricercatori, al di là delle possibilità di diagnosi precoce, è definire delle ''strategie che possano servire a ridurre drasticamente la mortalità, attraverso la prevenzione mirata sulla base del singolo profilo di rischio individuale e attraverso terapia ad hoc: la diagnosi preventiva è cioè utile - chiarisce l'esperto - solo nella misura in cui sarà in grado di ridurre la mortalità tra i pazienti''. Ma come funziona il test? ''In pratica - afferma - andiamo a dosare nel sangue dei meccanismi, dei regolatori di crescita, che non sono solo attivi sulle cellule tumorali ma anche sulle cellule sane dell'organismo che però collaborano con il tumore; andiamo quindi a spegnere tutti quei meccanismi che servono al tumore per crescere, riattivando i meccanismi di difesa''. Un impegno che vede dunque la ricerca 'made in Italy' in prima linea: ''I problemi ci sono, ma la ricerca oncologica in Italia è ad alti livelli e siamo tra i primi Paesi al mondo. Se poi valutassimo i nostri risultati in base alle nostre risorse - conclude Pastorino - saremmo ancora migliori, perchè otteniamo grandi risultati con risorse molto minori rispetto a quelle di altri Paesi''.

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fonte: ansa

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