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Medici e mutui: tre prestiti su quattro sono irregolari

Professione Redazione DottNet | 30/10/2015 15:49

l’86% dei camici bianchi ha chiesto un mutuo o un finanziamento per la casa o per lo studio professionale. Il 92% non sa che può recuperare somme ingenti

Il prezzo dei sacrifici per acquistare la propria casa o investire sullo studio professionale lo conoscono bene, eppure non sanno delle irregolarità che possono nascondersi dietro l’ottenimento dei fondi necessari da parte di banche o istituti di credito. Un sondaggio, realizzato da Consulcesi, dipinge uno scenario ricco di spunti riguardo i rapporti tra i professionisti della sanità e le banche. I numeri sono eloquenti: l’86% ha chiesto un mutuo, ma solo il 28% è al corrente del fatto che tre su quattro sono irregolari. Questo è il dato certificato da una indagine realizzata da un primario istituto finanziario.


Tornando alla ricerca fatta da Consulcesi, su un campione di 1.484 camici bianchi operanti nel nostro Paese, emerge anche un’altra percentuale interessante: il 31% dei medici non è a conoscenza della possibilità di recuperare tutte le somme indebitamente restituite alla propria banca per i mutui o i finanziamenti erogati. In media è possibile riavere 80mila euro per ogni 200mila erogati sia nel caso si verifichi la pratica scorretta della pubblicità ingannevole, sia si sfoci nei tassi usurari.

Diverso, invece, il caso dell’anatocismo, che si verifica sui conti correnti.
Continuando a scorrere i dati del sondaggio, il 92% dei medici interpellati non è consapevole della possibilità di ricorrere alla magistratura. Va, però, tenuto conto – in tal senso – anche del fatto che quando si verifica un contenzioso tra correntista e banca, nel 45,8% dei casi si evita di andare in tribunale perché gli istituti cercano un accordo stragiudiziale che si risolve in media tra i 6 e gli 8 mesi. Questo è quanto si legge nei recenti dati diffusi dal Ministero della Giustizia e che conosce appena il 7% di chi ha risposto al sondaggio Consulcesi. Doveroso sottolineare come, proprio nelle ultime settimane, ci siano state numerose sentenze di condanna da parte dei Tribunali nei confronti di banche ed istituti di credito.

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Emerge, dunque, chiaramente che la stragrande maggioranza dei medici non è a conoscenza delle possibilità che ha di far valere i propri diritti, ma il 72% vorrebbe ricevere una consulenza relativa alla propria situazione, in modo da poter valutare con cognizione di causa l’eventualità di un ricorso contro la propria banca.


APPROFONDIMENTI


PUBBLICITÀ INGANNEVOLE - Dal 1° ottobre 2003, ai sensi della delibera CICR n.286 del 4 marzo 2003, tutti gli intermediari finanziari sono obbligati a far riferimento ad un indicatore sintetico di costo (ISC o TAEG) che racchiude - in una sola percentuale - tutti i costi connessi al mutuo (interessi annuali, commissioni, spese di incasso, premi assicurativi). Molte banche, invece, fanno riferimento ad un TAEG più basso rispetto a quello realmente applicato. La differenza percentuale determina, quindi, una somma che gli istituti di credito ottengono illegittimamente dai loro clienti, commettendo una irregolarità specifica che si chiama “pubblicità ingannevole”. Questa irregolarità – ai sensi dell’ex 117 TUB – comporta il ricalcolo del mutuo sulla base del tasso dei BOT, attualmente attestato allo 0,70%. Questo per i clienti significa poter recuperare cifre considerevoli.


USURA - Chi chiede un prestito superiore ai 50mila euro per l’acquisto di un immobile o di qualsiasi altro bene deve prestare attenzione anche ad un altro rischio. Spesso, infatti, vengono applicati tassi che sforano in quelli usurari. Per verificarlo è sufficiente controllare che la somma di tutti i costi sostenuti dal cliente non superi le soglie limite pubblicate trimestralmente dalla Banca d’Italia. Nel caso ci siano i presupposti per annullare la clausola, il cliente ha diritto al 100% degli interessi versati e quindi alla banca verrà restituita esclusivamente la quota capitale. La materia è regolata dall’articolo 1815 del codice civile e da una sentenza della Corte di Cassazione (n.350/2013): viene stabilito letteralmente che «ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 c.c. e dell’art.644 c.p. si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori».


ANATOCISMO - Per prima cosa bisogna chiarire di che cosa si tratta. In sostanza è un fenomeno che si verifica quando viene applicato dell’interesse sugli interessi passivi. Per essere ancora più chiari: nel caso si disponga di un fido ed il proprio saldo sia negativo, le banche capitalizzano gli interessi anche sulla quota iscritta a debito. Un problema che può riguardare i cittadini, ma soprattutto le aziende costrette – anche in virtù del difficile momento economico – ad operare investendo e anticipando somme. Molte banche continuano a praticare l’anatocismo nonostante sia illegale da ormai un anno e mezzo. L’articolo 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (la legge di Stabilità per il 2014) ha infatti sostituito l’art. 120 del testo unico bancario (t.u.b.) che consentiva la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari. L’attuale articolo 120 t.u.b. prevede, infatti, che «il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale». Tutte le disposizioni della legge di Stabilità (cfr. art. 1, comma 749, l. 147/13) sono entrate in vigore in data 1° gennaio 2014. Di recente c’è stata una sfilza di condanne per le banche, costrette non solo a rimborsare i clienti ma anche alla pubblicazione di uno specifico avviso contenente il dispositivo sulla home page del proprio sito web; di dare comunicazione ad ogni correntista consumatore, di curare, a proprie spese ed entro 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento, l'inserzione in dimensioni non inferiori a mezza pagina del dispositivo dell’ordinanza sui quotidiani “Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “Il Sole 24 Ore

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