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Migliorano le cure in Italia, male il Sud: ecco chi fa meglio

Sanità pubblica Redazione DottNet | 17/11/2015 20:51

Rapporto Agenas, il programma Esiti fornisce una chiara fotografia della sanità italiana. Gli anziani sono il motore dell'economia: per il Censis uno su due dà un valido aiuto economico a figli e nipoti

Migliora la qualità delle cure in Italia e diminuiscono di oltre un milione in dieci anni il numero di persone, adulti e bambini, ricoverate in ospedali, passati da 7,7 milioni nel 2005 a 6,5 nel 2014. Ma non si riduce la distanza fra Nord e Sud e sull'utilizzo del cesareo, resta una grossa eterogeneità tra strutture. Ad offrire la conferma di un'Italia disomogenea dal punto di vista della tutela della salute è il Programma Nazionale Esiti, sviluppato dall'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali(AgeNaS) (clicca qui per leggere il documento completo) e presentato ieri a Roma. "Il divario tra regioni del Centro-Nord e del Centro-Sud è ancora troppo forte - ha sottolineato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin - motivo per il quale dobbiamo focalizzare tutto il nostro lavoro sul rispetto dei Livelli essenziali di assistenza, soprattutto nelle regioni commissariate". Non una pagella, bensì "strumento per il miglioramento delle performance", che fornisce valutazioni di efficacia e qualità delle cure, il programma prende in considerazione interventi sanitari "che dovrebbero essere offerti a tutta la popolazione".

Come l'angioplastica effettuata entro 90 minuti dall'accesso in pronto soccorso in caso di infarto, in grado di ridurre la mortalità e passata dal 32% del 2010 al 41% del 2014. O come la possibilità di venire operati per frattura del femore nell'arco di soli due giorni, passata dal 31% del 2010 al 50% del 2014 e associata ad aumento del recupero funzionale, oltre che a risparmio economico. Tuttavia, in alcune regioni del Sud come Campania e Molise le stime sono sotto del 20%.

Scendono anche i giorni di degenza a seguito di intervento per asportazione della colecisti. Il numero di chi resta in ospedale meno di 3 giorni è passato dal 58,8% del 2010 al 66,5% del 2014 e i valori migliori si riscontrano in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Toscana.

"La combinazione tra prontezza dell'intervento chirurgico e riduzione dei costi va nella direzione anche di un beneficio per la salute del paziente", ha sottolineato il direttore Agenas Francesco Bevere, "perché prolungare la degenza in ospedale significa a volte anche mettere a rischio la vita delle persone". Scendono le giornate di ricovero anche per i bambini.

Ad esempio l'ospedalizzazione per togliere tonsille è passata dal 2,9 per mille del 2010 al 2,4 del 2014, riduzione che corrisponde, negli ultimi 4 anni, a 10mila bambini in meno operati per un intervento ad alto rischio di inappropriatezza, di cui 3800 solo nel 2014. "Si tratta di un aspetto positivo perché diminuisce l'impatto psicologico negativo del ricovero sui bambini e sulla famiglia ed espone anche a minor rischio di infezioni", commenta Marina Davoli, direttore scientifico Programma Nazionale Esiti. Aumentano dal 4 al 6% le donne che fanno un parto naturale dopo il cesareo, anche se la possibilità è quasi del tutto preclusa al Sud. Pur se lievemente sceso rispetto lo scorso anno, resta ancora alto il numero dei cesarei primari, pari circa al 26%. Si va da best practice come l'azienda ospedaliera Universitaria Sant'Anna di Torino,con 7.500 parti, di cui appena il 17,5% erano cesarei, a percentuali che in alcune case di cura in Campania arrivano persino al 90%.  Ma è proprio in questa Regione, oltre che in Sicilia, che si concentrano la maggior parte dei 124 piccoli punti nascita sotto i 500 parti annui, ovvero quelli ritenuti maggiormente 'a rischio'.

 

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Gli anziani e la salute

Gli anziani trainano i consumi, facendo 'girare' l'economia più dei giovani e proiettandosi nel futuro. In molti casi hanno ancora voglia di lavorare, e sono una 'fetta' irrinunciabile del business del tempo libero: in tanti fanno viaggi all'estero, frequentano cinema, teatri, musei, scuole di ballo. Quasi uno su due contribuisce con i propri soldi al benessere della famiglia, aiutando figli e nipoti. In tanti spendono di tasca propria per le cure sanitarie, per un totale di 13 miliardi l'anno, per far fronte a bisogni non coperti dal welfare pubblico.

Questo l'identikit degli anziani dei nostri giorni che emerge dal rapporto di Censis e Future Concept Lab "Il buon valore della longevità. Dagli scenari alle soluzioni", presentato ieri. In Italia sono oggi 13,2 milioni gli anziani. Altri 3 milioni si aggiungeranno nei prossimi 15 anni. Un motore della ripresa importante e da non trascurare. Per la prima volta, le coppie con un capofamiglia over 65 destinano ai consumi circa 1.200 euro in più all'anno rispetto ai giovani. Complessivamente, la ricchezza degli anziani (immobiliare e finanziaria) ha avuto negli ultimi 20 anni un incremento di valore del 118%, tre volte quello registrato dal patrimonio medio delle famiglie italiane. Nello stesso periodo, la ricchezza dei giovani crollava del 26%.

Anche negli anni della crisi (2009-2014), gli anziani sono stati 'motore' dell'economia. Quelli che vivono soli hanno aumentato la spesa per consumi del 4,7% in termini reali, mentre quella dei millennials single (i nati fra il 1980 e il 2000) è andata a picco (-12,4%), così come quella media delle famiglie nell'insieme (-11,8%).

Oggi per 8 over 65 su 10 il reddito familiare è sufficiente a coprire le spese e per il 78% negli ultimi dodici mesi la spesa per consumi è aumentata (18%) o rimasta stabile (60%). E anche il futuro sembra roseo. L'89% pensa che nei prossimi 12 mesi i propri redditi, risparmi e consumi sono destinati ad aumentare (9%) o a restare stabili (80%): 1,1 milioni intendono acquistare elettrodomestici, 670.000 pc, smartphone e tablet, mentre circa 1 milione hanno l'intenzione di fare lavori di ristrutturazione in casa. Sono 4,6 milioni, inoltre, quelli pronti a destinare eventuali risorse aggiuntive ai consumi.

Non manca neppure la voglia di lavorare ancora: 3,2 milioni di anziani già lavorano regolarmente o di tanto in tanto. Nei prossimi anni, 225.000 si preparano a cercare lavoro e 407.000 proveranno ad avviare un'attività autonoma.

Per la sanità la spesa di tasca propria degli anziani ammonta a 13 miliardi all'anno, quasi il 40% della spesa sanitaria privata totale degli italiani: 3,3 milioni di anziani spendono 2,7 miliardi l'anno per attività formative proprie o di familiari, a cui si aggiungono altri 960 milioni per attività sportive. Sette milioni, quasi 1 su 2, contribuiscono con i propri soldi al benessere della famiglia.

Sei milioni e seicentomila sono gli over 65 clienti di ristoranti e trattorie; 6 milioni frequentano cinema, teatri e musei; 4,8 milioni praticano giochi e scommesse; 3,1 milioni viaggiano all'estero; 2,8 milioni frequentano scuole di ballo e balere. Quattrocentodiecimila si muovono in bicicletta, mentre circa 7 milioni guidano più o meno regolarmente l'auto.

 

Il rapporto Agenas

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