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Test di un farmaco finisce in tragedia: un morto e 5 ricoverati

Farmaci Redazione DottNet | 15/01/2016 20:12

L'esperimento, condotto in Francia a Rennes, secondo le informazioni diffuse dal ministero della Sanità, era uno studio di "fase 1". Pani (Aifa): la situazione in Italia per i test farmaceutici

Un test clinico per un nuovo farmaco si è trasformato in tragedia a Rennes, nel'ovest della Francia: un paziente è morto e altri cinque sono stati ricoverati, quattro con sintomi gravi e uno per precauzione. Il test, secondo le informazioni diffuse dal ministero della Sanità transalpino, era uno studio di "fase 1", quindi nel periodo iniziale di sviluppo, condotto dalla società specializzata Biotrial per conto della casa farmaceutica portoghese.

 

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Il medicinale somministrato conteneva una molecola cannabinoide sintetica (e non, come erroneamente affermato da diversi media, della cannabis o dei suoi derivati), studiato per agire sui disturbi dell'umore e i centri recettivi del dolore. I pazienti coinvolti in questa fase del test, iniziata il 7 gennaio, sono otto uomini di un'età compresa tra i 28 e i 49 anni, tutti volontari sani remunerati. Due di loro hanno assunto un placebo, e non hanno quindi avuto problemi, mentre gli altri sei hanno assunto la molecola da testare "in modo ripetuto".

 

Uno di loro, ricoverato il 10 gennaio, si trova in stato di morte clinica, altri quattro presentano problemi neurologici, che secondo i medici dell'ospedale di Rennes potrebbero avere ripercussioni permanenti, e un sesto non ha sintomi, ma resta in ospedale in osservazione. La molecola era prima stata testata su scimpanzé, e dal luglio 2015 era passata ai test su umani, tutti svolti dalla Biotrial, che hanno coinvolto in totale 128 pazienti, di cui 90 hanno assunto la molecola e i restanti un placebo. Solo i sei attualmente ricoverati, però, hanno assunto il farmaco più volte: gli altri, ha precisato sempre il ministero, hanno assunto "una dose unica".

 

Per loro è stato comunque attivato un numero di telefono di assistenza, a cui possono chiedere informazioni o segnalare eventuali problemi. Il ministro della Sanità, Marisol Touraine, ha chiesto l'avvio di un'ispezione sull'organizzazione dei test e il modo in cui sono stati condotti, mentre la procura di Parigi ha aperto un fascicolo per lesioni colpose. In una nota, la Biotrial si difende, sostenendo di aver proceduto "in totale applicazione dei regolamenti internazionali" e di aver seguito fedelmente tutte le procedure, in particolare per l'assistenza medica ai pazienti in cui sono emersi gli effetti collaterali.

 

Eventi come quello accaduto in Francia sono ''estremamente rari, eccezionali''. A sottolineare la portata dell'incidente è il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Luca Pani, ricordando che in Italia le sperimentazioni cliniche, ovvero sull'uomo, dei nuovi farmaci, prevedono ''regole severe e criteri stringenti per il reclutamenti dei volontari''.

Questa molecola, rassicura Pani, non è comunque in sperimentazione in Italia e, con molta probabilità, in Francia si è trattato di un ''trial di fase I su volontari sani per testare presumibilmente la sicurezza di vari dosaggi del farmaco con l'aumentare progressivo della dose in gruppi sequenziali di pazienti, ed i sei casi sono tutti nel gruppo che ha assunto la dose più alta, evidentemente tossica''. Ma alla base del tragico incidente, ipotizza, potrebbe anche esserci una ''contaminazione del preparato o un errore nel dossier preparatorio''.

Ad ogni modo, rassicura l'esperto, va chiarito che ''i parametri di sicurezza applicati agli studi clinici in Italia sono estremamente rigorosi e lo sono ancora di più negli studi di fase I. L'Aifa ha infatti appena emesso una circolare che rinforza la tutela dei pazienti coinvolti in questa tipologia di studi, comunque necessari per poter individuare con precisione le corrette dosi e modalità di impiego di un nuovo farmaco''.

Inoltre, lo studio francese ''sembra si svolgesse in un centro privato, ma in Italia ciò non sarebbe possibile proprio perchè, per garantire la massima tutela dei pazienti, gli studi di fase I sui volontari sani si possono svolgere solo in strutture ospedaliere appositamente autorizzate o in strutture private autorizzate dal Ministero''. In Italia, poi, ''non prevediamo che un volontario possa essere pagato, come avviene in altri paesi, ed abbiamo sistemi di reclutamento severi attraverso i comitati etici. I volontari sono naturalmente sottoposti ad un monitoraggio costante e non possono lasciare le strutture ospedaliere''. Anche per il farmacologo Silvio Garattini, ''in Italia ci sono tutte le garanzie necessarie perché il reclutamento di soggetti sani per le sperimentazioni di farmaci avvenga in assoluta sicurezza. Tanto è vero che non sono mai stati registrati danni rilevanti, né tantomeno decessi''.

Nonostante ciò, rileva Pani, ''incidenti possono sempre accadere ed un caso analogo a quello francese si è verificato ad esempio alcuni anni fa in Gran Bretagna nella sperimentazione di un anticorpo monoclonale. Gli studi sulle scimmie erano andati bene, ma iniettata la molecola a 5 volontari, nel giro di un'ora tutti andarono incontro ad insufficienza renale grave. Cosa era successo? Nelle scimmie la porzione di anticorpo risultava 'mascherata', invece nell'uomo tale parte risultava 'scoperta' e venne riconosciuta come nemica dal sistema immunitario''. Quindi, conclude il direttore dell'Aifa, ''i rischi non sono mai pari a zero, pur rispettando perfettamente le procedure''.

 

Sono quattro le fasi di sperimentazione di un farmaco prima della messa in commercio, la prima delle quali è però solo sugli animali, che possono arrivare a richiedere oltre dieci anni dal laboratorio al letto del paziente. Un percorso lungo costruito proprio per garantire il massimo livello di sicurezza, ma che ha visto in Francia nonostante le regole e i controlli, la tragedia di una morte e di 5 ricoverati gravi durante la sperimentazione di una molecola a basa di cannabis contro il dolore.

 

TEST PRECLINICI Una molecola che ha un potenziale effetto come farmaco viene prima testata in vitro su cellule e poi in vivo su animali. Solo se questi ultimi danno esito positivo si può passare ai test sull'uomo.

FASE I - Questa fase serve solo a verificare la sicurezza del farmaco, e l'assenza di effetti collaterali gravi. Viene condotta generalmente su un piccolo numero di volontari sani, anche se in qualche caso può essere fatta su pazienti della malattia che il farmaco dovrebbe curare. Se non si riscontra tossicità, o se gli effetti collaterali sono giudicati accettabili rispetto ai possibili benefici si può procedere alla fase successiva.


FASE 2 - In questa fase il farmaco potenziale viene testato su pazienti della malattia che dovrebbe curare, e viene fatta una prima valutazione di efficacia e della dose migliore. Generalmente il test viene fatto su alcune centinaia di pazienti, metà dei quali riceve il principio attivo e l'altra metà un altro farmaco o un placebo.

FASE 3 - Se nella fase 2 emergono benefici dall'uso del principio attivo si può passare alla fase 3. Questa viene generalmente condotta su un numero molto maggiore di pazienti, dell'ordine delle migliaia, su cui vengono valutati anche effetti collaterali e reazioni avverse.
Anche questa fase si effettua in maniera 'randomizzata', assegnando cioè a caso ai pazienti il farmaco o un placebo (o un altro farmaco per la stessa malattia). In genere il test è 'in doppio cieco', cioè chi effettua l'analisi per verificare l'efficacia non sa se sta analizzando un paziente che ha ricevuto il farmaco o il placebo.

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