La notizia viene resa pubblica proprio in occasione della giornata dedicata alle malattie rare.
Un giovane ricercatore dell'ospedale pediatrico genovese Giannina Gaslini, in collaborazione con l'università di Losanna e di Harvard, ha scoperto come il gene EXTL3 sia all'origine di una nuova malattia molto rara che causa malformazioni ossea e immunodeficienza.
«Giungere alla diagnosi di una malattia genetica – dichiara Di Rocco, responsabile dell’unità operativa Malattie rare dell’Istituto Gaslini – permette, anche attraverso il confronto con i casi analoghi descritti nel mondo, di ipotizzare l’evoluzione clinica e di conoscere le terapie efficaci, già sperimentate. Arrivare a capire i meccanismi responsabili della malattia, come tutti gli studi di base, rappresenta un mattone indispensabile per lo sviluppo futuro di nuovi metodi diagnostici e nuove terapie».
La ricerca genetica si è avvalsa delle più innovative tecniche, come la riprogrammazione cellulare e lo studio delle alterazioni del gene utilizzando modelli animali, nello specifico lo zebrafish.
Lo studio ha preso il via quando al Gaslini, nel 2008, sono arrivati due fratellini affetti da una patologia non conosciuta e caratterizzata da displasia scheletrica e immunodeficienza primitiva. La gravità della malattia ha portato alla morte di entrambi, ma ha dato il via alla complessa ricerca, che ha studiato il Dna dei piccoli, arrivando a trovare le mutazioni del gene risultato essere poi il responsabile della patologia.
Fonte:ansa
Infiltrazioni con antinfiammatori e acido ialuronico, PRP (Plasma Ricco di Piastrine) e cellule mesenchimali: trattamenti mini invasivi per trattare l’artrosi da lieve a moderata, e ridurre il dolore
A confermarlo per fare chiarezza, il Presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT, Alberto Momoli, Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza
Pubblicato su Advanced Materials lo studio dell’Istituto Mario Negri in collaborazione con il Politecnico di Milano
Il trattamento non ha comportato una minore incidenza di fratture cliniche rispetto al placebo
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