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Cassazione, responsabilità tra medico e infermiere

Professione Redazione DottNet | 22/03/2017 19:05

La Suprema Corte penale opera un importante distinguo tra le competenze

Un paziente, sottoposto ad intervento chirurgico in anestesia totale, nella fase post-operatoria, a causa di un arresto cardio circolatorio riporta lesioni gravissime: pu・ affermarsi la penale responsabilit・ in capo all・anestesista e all・infermiere che avevano presenziato all・operazione chirurgica? Questa la delicata questione sottoposta all・attenzione della Suprema Corte nella sentenza sentenza 8080 della Cassazione penale, Sezione IV, del 20 febbraio 2017 (clicca qui per leggere il testo completo) che richiama la responsabilità tra medico e infermiere.

I giudici di legittimità premettono che in relazione alla fase post-operatoria le linee guida ed i protocolli ospedalieri segnano una netta distinzione tra la fase iniziale di risveglio e la fase successiva di recupero, a cui corrisponde una articolazione bifasica della responsabilità dell’anestesista ed altresì una specifica posizione di garanzia dell’infermiere che nasce in concomitanza con l’esaurimento della prima fase di risveglio ed il passaggio alla seconda fase, con conseguente netta articolazione degli obblighi gravanti su anestesista e infermiere. Infatti, l’anestesista è direttamente responsabile della prima di tali fasi, laddove nella seconda fase la responsabilità passa in capo al personale infermieristico, sotto la mera supervisione del medico anestesista.

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Ciò posto, prosegue la Corte, per valutare le responsabilità è necessario evidenziare che la L. n. 189/2012, c.d. "legge Balduzzi", nel convertire il D.L. 158 del 2012, ha stabilito nell’art. 3 che "L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve". Tale disposizione ha introdotto nel nostro ordinamento una rilevante novità in quanto è stato attribuito al grado della colpa non più solo il ruolo di parametro per la determinazione della pena (art. 133 c.p.), ma anche una diretta incidenza sulla tipicità del fatto. In altri termini, le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l’esercente le professioni sanitarie e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti.

Nel caso in esame dalle risultanze processuali emerge che l’infermiere tenuto alla sorveglianza nella fase di recupero si è allontanato lasciando solo il paziente e ,dunque, la sua risulta una condotta contraria ai protocolli scientifici con conseguente responsabilità penale. Quanto, invece, alla condotta dell’anestesista è emerso che egli abbia presenziato alla fase di risveglio in ossequio alle linee guida in materia e si sia poi allontanato, restando comunque nel blocco operatorio, per lo scarico dei farmaci. Tale condotta non può, quindi, essere considerata penalmente rilevante sulla base di affermazioni generiche sull’obbligo di sorveglianza anche nella "fase di recupero" del tutto identico e sovrapponibile a quello dell’infermiere, così come affermato dai giudici di merito. Questi ultimi, infatti, non hanno esplicitato quale avrebbe dovuto essere - alla stregua, appunto, delle linee guida ed dei protocolli operativi - il diligente comportamento alternativo "corretto", quale sia stata la "deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato definito dalle standardizzate regole d’azione", in che misura si è realizzata la divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi e quanto fosse rimproverabile la condotta tenuta in concreto sulla base delle specifiche condizioni dell’agente.

In definitiva, la Corte afferma la sussistenza di una carenza motivazionale della sentenza impugnata per il fatto che essa non si è confrontata esplicitamente e congruamente con la novità normativa introdotta dalla legge "Balduzzi", sebbene oramai la valutazione del rispetto delle linee guida e della buone pratiche, unitamente al grado della colpa, costituiscano le premesse per discernere l’ambito del penalmente rilevante in ambito di responsabilità del medico. Pertanto, la Corte annulla con rinvio la sentenza nei confronti dell’anestesista per un nuovo esame.

La sentenza della Cassazione

Fonte: neldiritto

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