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Italia ultima nel G7 sulla gestione dei malati di demenza

Neurologia Redazione DottNet | 28/04/2017 19:41

Al primo posto c'è il Canada, la classifica dà un nuovo indice di valutazione

I pazienti con Alzheimer e altre forme di demenza in Italia devono fronteggiare non solo la loro grave e ancora incurabile malattia, ma anche i troppi ritardi del Paese sul fronte dell'assistenza loro dedicata: il nostro paese risulta infatti essere all'ultimo posto tra quelli del G7 (Canada, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, Usa, Giappone) per la qualità dell'assistenza (non solo prettamente medica, ma globale a 360 gradi) ai malati di demenza.  

E' quanto emerge da un nuovo indice di valutazione chiamato ''Dementia Innovation Readiness Index", una scala di misura completa e del tutto inedita del grado di innovazione su trattamento, prevenzione e assistenza della demenza nei Paesi G7, presentata dalla Global Coalition on Aging (GCOA) e Alzheimer's Disease International (ADI) in occasione della 32/ima Conferenza Internazionale di ADI che si chiude domani a Kyoto.    L'indice, che assegna un punteggio da 1 a 10 sulla base di dieci parametri, vede l'Italia ultima con un risultato di 5,54 rispetto a Gran Bretagna (prima con 7,51), e a seguire Canada (7,35), Germania (7,29), Giappone (6,94), Stati Uniti (6,54), Francia (6,5), spiega all'ANSA Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia.    

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Il nostro paese incontra le difficoltà più grosse su tre fronti: il contesto normativo (4,17), che consente agli operatori di lavorare e anche di snellire i tempi della ricerca clinica e rendere più fluida e omogenea l'assistenza sul territorio nazionale. Gli standard di cura (4,52), che restano troppo diversi da regione a regione, mancando modelli di cura uniformi. I centri per l'Alzheimer, spiega Salvini Porro, di fatto funzionano solo sul fronte diagnostico e prescrittivo e poco per assistere pazienti e famiglia durante tutto il decorso della malattia, orientandoli passo passo a seconda delle esigenze. Infine, il paese è in ritardo anche sul fronte della capacità di fare diagnosi tempestiva (5,45), essenziale per capire come progredirà la malattia e per arginare il più possibile il suo impatto sulla vita del paziente.    

Il contesto normativo, spiega Salvini Porro, risente molto del Federalismo in sanità. "Abbiamo dal 2014 un piano nazionale demenze - spiega - di per sé buono ma che di fatto non è ancora stato recepito in tutte le regioni. Questo anche per mancanza di fondi. Ecco quindi che mentre ci sono poche regioni di eccellenza, molte di più sono quelle in cui c'è poco o nulla per l'assistenza ai pazienti e alle famiglie".     Raggiungiamo la sufficienza solo sul fronte delle strategie e gli impegni presi dalle istituzioni, grazie anche al supporto strategico e operativo delle tante associazioni che gravitano intorno a pazienti e famiglie, continua.     È chiaro quindi, conclude, che siamo lontani dall'offrire ai pazienti una buona qualità di vita, che vuol dire anche aiutare le famiglie (che sono spesso i principali prestatori di cure) e garantire l'inclusione dei pazienti nel tessuto sociale e comunitario di appartenenza.     Per soddisfare la domanda crescente di popolazioni sempre più anziane a livello globale occorre un'azione immediata e continuativa; "se la situazione attuale rimane invariata, la malattia di Alzheimer e altre demenze costituiranno l'incubo finanziario e sanitario della nostra generazione", rileva Michael Hodin della GCOA.

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