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Il cibo va a male e l'etichetta cambia colore

Nutrizione Redazione DottNet | 19/09/2017 17:30

Grazie a una ricerca Usa, le nanostrutture diventano sentinelle di qualità

Un'etichetta che cambia colore quando il cibo va a male. E' l'ultima frontiera della tecnologia applicata al settore alimentare, in cerca di soluzioni per tutelare salute e sicurezza del consumatore. I ricercatori della Clarkson University a Potsdam (New York), grazie alle nanostrutture, stanno mettendo a punto un sistema innovativo per informare in tempo reale il consumatore ed elevare il livello qualitativo dei prodotti alimentari.

La ricerca, iniziata 10 anni fa testando la presenza di antiossidanti nel tè e nel vino, si basa su un sensore a basso costo portatile, su carta, in grado di individuare deterioramento e contaminazione nei prodotti alimentari ma anche nei cosmetici, visto che anche creme e lozioni hanno una scadenza e vanno a male. L''intelligenza' di queste etichette si manifesta cambiando colore quando il prodotto resta fuori dal frigorifero più del consentito o se l'alimento è scaduto e contaminato da batteri o inquinanti.

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Una rivoluzione per l'intera filiera dove il consumatore, in base al colore dell'etichetta, sarà in grado di sapere se il prodotto ha subito contaminazioni, compromettendone la qualità e quindi sia da buttare. Nel laboratorio della capo progetto Silvana Andreescu, è stata creata una piattaforma di rilevamento che incorpora tutti i reagenti necessari per la rilevazione in un pezzo di carta. La differenza dagli altri sensori, spiegano i ricercatori, sono le nanostrutture utilizzate per catturare i vari composti pre-determinati, vere 'sentinelle' del cambiamento. Le particelle stabili e inorganiche quando interagiscono con le sostanze che si vogliono rilevare, cambiano colore e, a seconda dell'intensità si sa il grado di deterioramento.

L'obiettivo ora è di estendere la gamma di applicazioni, includendo anche pesticidi e marcatori a garanzia della freschezza dell'alimento. Un prototipo del sensore oggi è in grado di individuare l'Ocratossina A, una micotossina presente in prodotti come i cereali e il caffè e presto potrebbe essere ampliato per cercare salmonella e Escherichia Coli, nemici insidiosi spesso invisibili temuti dai consumatori. Non è un caso che per 3 su 4, secondo un'indagine Federcoopesca- Confcooperative, capire se un prodotto è davvero fresco è un problema che rischia di frenarne l'acquisto; e questo è più evidente per quanto riguarda i prodotti ittici, dove la deperibilità degli alimenti è elevata e la loro shelf-life ridotta.

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