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I Probiotici in età pediatrica: tra presente e futuro

Pediatria Redazione DottNet | 06/11/2017 16:47

Mantenere una flora intestinale sana è fondamentale fin dai primi giorni di vita per la salute dell’organismo a breve e a lungo termine

 

A cura del Dott. Giovanni Moceri

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Il microbiota intestinale è organo dinamico sia dal punto di vista metabolico sia da quello immunologico la cui composizione si completa nei primi anni di vita.

Si tratta di un vero e proprio ecosistema, condizionato da fattori esogeni quali la modalità del parto ed il tipo di alimentazione. A costituirlo e regolarlo sono protagonisti come il muco intestinale, i batteri commensali, le giunzioni intercellulari ed il sistema immunitario.

All’interno del tratto intestinale il microbiota si sviluppa maggiormente nel colon, la porzione intestinale che più favorevolmente consente la crescita dei batteri che compongono questo ecosistema. Esistono varie ragioni per cui questo tratto dell’intestino è più favorevole alla crescita: Da una parte la maggior rappresentazione dello strato mucoso, dall’altra la minor concentrazione di succhi gastrici e acidi biliari, che impediscono la crescita batterica. Anche la velocità peristaltica dell’ultima porzione dell’intestino è ridotta, permettendo quindi una miglior crescita di questo ecosistema.

All’interno dell’intestino sono state identificate numerose specie batteriche ad azione simbiotica (Batteroidi, Lattobacilli, Bifidobatteri, Enterobatteri) e diverse specie potenzialmente patogene (Escherichia Coli, Clostridium) che convivono in equilibrio dinamico.

Quando questo ecosistema viene perturbato possono determinarsi quadri di "disbiosi", ovvero situazioni caratterizzate da alterazioni quali-quantitative della flora intestinale. Questi quadri possono essere sostenuti da moltissime condizioni quali antibioticoterapie, alimentazione con latte artificiale, alterazioni dell'attività peristaltica intestinale o della secrezione gastrica.

Una volta determinati, i quadri di disbiosi possono determinare variazioni nella sintesi di citochine, spostandone il bilancio verso quadri pro-infiammatori. Alcuni studi hanno inoltre dimostrato che queste perturbazioni possono anche favorire l’adipogenesi.

A fronte di tale evidenze a livello sperimentale non stupisce come i quadri di disbiosi siano stati implicati nella patogenesi di diverse patologie quali la sindrome dell’intestino irritabile, le malattie infiammatorie croniche intestinali, l’obesità, le allergopatie ed alcune patologie autoimmuni.

Anche a seguito di questi dati, negli ultimi anni si è andato sempre più diffondendo l’uso dei probiotici per la prevenzione e la cura delle disbiosi.

Con il termine probioticoi si fa riferimento a quegli microrganismi vivi che, una volta somministrati in adeguate quantità, abbiano la potenzialità di esercitare funzioni benefiche sulla salute tramite il riequilibrio della flora batterica intestinale.

Al fine di poter esercitare tale azione, i preparati contenenti probiotici devono rispettare alcuni criteri descritti nelle più recenti linee guida riguardanti sicurezza e stabilitàii.

In primo luogo deve essere garantito che al momento dell’assunzione i preparati contengano un numero sufficiente di organismi vivi. Un altro requisito fondamentale è rappresentato dal fatto che, dopo l’assunzione, i probiotici devono arrivare vivi e vitali nell’intestino, superando indenni il passaggio nel tratto gastroenterico.

Durante questo passaggio i probiotici sono, così come ogni altro tipo di microrganismo, esposti ai succhi gastrici e agli acidi biliari. Tali barriere hanno l’effetto di abbattere la concentrazione microbica di moltissime specie di probiotici. E’ quindi importante assicurarsi che il probiotico somministrato sia in grado di sopravvivere indenne a queste barriere a riuscire a moltiplicarsi una volta raggiunto l’intestino.

Per quanto riguarda la sicurezza, i microrganismi selezionati devono avere un’origine umana, devono cioè essere stati isolati dal tratto gastrointestinale di soggetti sani ed identificati come germi non patogeni e non portatori di geni di resistenza agli antibiotici trasmissibili.

Va inoltre sottolineato come l’azione del probiotico è ceppo-specifica. Questo vuol dire che, all’interno della stessa specie, diversi ceppi possono avere effetti addirittura opposti sull’ospite. All’azione ceppo-specifica si affianca inoltre un’azione sia dose dipendente che dipendente dalla durata del trattamento.

E’ quindi fondamentale, quando si prescrive un probiotico, conoscere non solo la formulazione e classificazione tassonomica, ma anche la dose efficace e la durata del trattamento.

Dal punto di vista metabolico i probiotici possono essere in grado di produrre acidi grassi a corta catena (a funzione trofica per l'enterocita) e vitamine del gruppo B e K. Alcuni ceppi possono inoltre stimolare la secrezione di muco e l'assorbimento di calcio, ferro e magnesio. Sono state inoltre descritte azioni fermentanti sui residui alimentari non digeribili e detossificanti su antibiotici e contaminanti ambientali.

Il probiotico ideale deve quindi essere sicuro ed associato ad effetti benefici sull’ospite dimostrati da studi clinici rigorosi. Ad esempio, studi clinici controllati condotti su formulazioni a base di lattobacilli e bifidobatteri non hanno rilevato alcun effetto avverso nei soggetti trattati, ma al contrario hanno dimostrati benefici per l’ospite. Tali benefici comprendevano miglioramenti del funzionamento intestinale, riduzione del rischio di insorgenza di alcune patologie e/o l’attenuarsi della sintomatologia in questione.

La maggior parte dei ceppi batterici che presentano un’efficacia probiotica accertata appartiene ai generi Lattobacilli e Bifidobatteri, comuni commensali della microflora intestinale. Tra questi i più studiati sono il Lactobacillus rhamnosus GG (LGG)iii e il Bifidobacterium animalis Subsp. Lactis BB12iv.

Lo studio di questi probiotici ha dimostrato l’assenza di plasmidi capaci di trasferire resistenze antibiotiche, certificando quindi la sicurezza di entrambi i ceppi. Altre analisi hanno messo in luce la capacità dei due probiotici di aderire all’epitelio intestinale interferendo con l'invasione dei patogeni con un meccanismo di competizione diretta. Inoltre, questi probiotici sono in grado di produrre batteriocine e acido lattico, bloccando di fatto la crescita dei microrganismi patogeni. Un altro punto importante per il loro utilizzo nella pratica clinica è rappresentato dalla capacità di resistere a processi di congelamento e liofilizzazione, permettendo quindi una dispensazione che non dipenda dalla catena del freddo.

Grazie a queste caratteristiche, LGG e BB12 possono essere dispensati con semplicità e colonizzare l'intestino umano, riducendo l’attività infiammatoria e l'apoptosi delle cellule epiteliali intestinali attraverso un meccanismo di stimolazione/modulazione della risposta immunitaria locale e sistemica.

Tra le più comuni applicazioni nella pratica clinica troviamo la riduzione, in termini di gravità e di durata, della diarrea infettivav o della diarrea causata dal trattamento antibiotico. Tali condizioni, di norma autolimitate, possono comunque portare a disidratazione e richiedere interventi di reidratazione orale. Va ancora una volta sottolineato come l’utilizzo del probiotico al fine di migliorare il recupero del paziente affetto da diarrea deve essere guidato da una logica di selezione ceppo-specificavi.

Tra i vari meccanismi farmacologici alla base dell’efficacia di questo trattamento troviamo sicuramente le interazioni tra il probiotico ed il sistema immunitario. Queste interazioni sono state abbondantemente studiate negli ultimi anni con l’idea di dimostrare l’effetto dei probiotici nella prevenzione dei fenomeni allergicivii. Gli studi hanno dimostrato la capacità di modulare i linfociti T e di ridurre la produzione di citochine pro-infiammatorie e di IgE, modificando così la risposta immunitaria verso profili non atopici.

Sono stati inoltre evidenziati meccanismi di interazione tra probiotici e cellule epiteliali intestinali capaci di risultare nell’induzione della sintesi di proteine citoprotettive, nella modulazione dei sistemi di flogosi e dell’attività macrofagica, regolando così i processi di apoptosi.

I probiotici, modulando e stabilizzando la composizione del microbiota, possono svolgere effetti immunomodulatori. Questi processi risultano, in ultima analisi, nell’attivazione di una risposta immunostimolante sia di tipo umorale, cellulo-mediata e fagocitica. Gli effetti di questa stimolazione sono particolarmente apprezzabili se si considera l’uso adiuvante dei probiotici nelle vaccinazioni. Studi hanno dimostrato che la somministrazione contemporanea risulta in un incremento della risposta anticorpale al vaccino stesso.

Simili effetti, legati alla stimolazione di IgA nella mucosa, sono stati descritti nella prevenzione di infezioni respiratorie e gastrointestinali. L’interpretazione dei risultati ottenuti è tuttavia controversa poiché i vari studi differiscono per probiotico utilizzato, popolazione in esame, valutazione dell’effetto, dosi e frequenza di somministrazione.

Restringendo il campo a due tra i probiotici più studiati, LGG e BB12, studi clinici hanno dimostrato azioni sui disordini funzionali intestinali (stipsi, coliche gassose, sindrome dell’intestino irritabile), sulla prevenzione e sul controllo di patologie gastrointestinali acute e croniche, sulla riduzione della frequenza e gravità dell'enterocolite necrotizzante.

Un’efficacia simile è stata evidenziata anche per patologie esterne al sistema gastrointestinale come le malattie allergiche ed atopiche.

La patogenesi di queste patologie è ancora dubbia, ma diverse teorie suggeriscono che un’alterata maturazione del sistema immunitario nei primi mesi di vita supportata anche da una riduzione del contatto con agenti infettivi (ipotesi igienica) possa determinare una predominanza di citochine di tipo TH2 e un mancato swicht verso la risposta di tipo TH1. In alcune casistiche, la somministrazione di probiotici è riuscita a invertire questa tendenza, dimostrando riduzioni degli episodi di eczema e dermatite atopica. Tali risultati possono essere spiegati dagli effetti sulla regolazione dell’espressione genica che conduce alla down-regulation di alcune interleuchine pro-infiammatorie direttamente implicate nell’insorgenza di malattie infiammatorie intestinali e sistemiche.

Tabelle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

i - F. Guarner et al. World Gastroenterology Organisation Global Guidelines: Probiotics and Prebiotics October 2011. Journal of Clinical Gastroenterology: July 2012 – Volume 46 – Issue 6 – p468-481

ii - P. Aureli et al. Probiotici e salute umana-2013: lo stato dell’arte basato sulle evidenze. Ministero della Salute 2013

iii - M. E. Segers et al. Towards a better understanding of Lactobacillus rhamnosus GG - host interactions. Microbial Cell Factories. 2014;13(Suppl 1):S7

iv - M. Jungersen et al. The Science behind the Probiotic Strain Bifidobacterium animalis subsp.lactis BB-12. Microorganisms 2014, 2, 92-110

v - K. Hodges et al. Infectious diarrhea. Gut Microbes, Vol. 1, Iss. 1, 2010

vi - A. Guarino et al. European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition European Society for Paediatric Infectious Diseases Evidence-Based Guidelines for the Management of Acute Gastroenteritis in Children in Europe. Journal of Pediatric Gastroenterology & Nutrition. 2008, 46: S81-S122

vii - S. Rautava et al. Specific probiotics in reducing the risk of acute infections in infancy – a randomised, double-blind, placebo-controlled study. British Journal of Nutrition, (2008) 101 (11), 1722-172

 

Cod: SAIT.ENB.17.09.0649

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