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Antibiotico-resistenza, Grecia e Italia i peggiori in Ue

Farmaci Redazione DottNet | 19/10/2017 18:52

Ecdc, negli ospedali se ne fa un uso inappropriato nella metà dei casi

Grecia, Italia e Romania sono i paesi europei dove è stata isolata, in media, la maggior quantità di batteri resistenti agli antibiotici. Lo segnala il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) nel nuovo sito che ha lanciato in vista della prossima Giornata europea degli antibiotici, che si celebra il 16 novembre. 

La resistenza agli antibiotici provoca ogni anno in Europa 4 milioni di infezioni da germi e 37 mila morti.  Nei Paesi scandinavi e in Olanda si hanno i tassi più bassi, nell'Europa meridionale i più alti: in sostanza va meglio dove i farmaci si usano di meno. Intanto l'allarme batteri ha portato al primo Decalogo per il corretto uso degli antibiotici che è stato presentato oggi al Ministero della Salute. Il documento è stato realizzato dal Gisa, Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica.  

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Preoccupante, secondo gli esperti, la situazione negli ospedali italiani dove le infezioni colpiscono 300 mila pazienti e causano tra i 4500 e i 7 mila decessi. Stando alle stime dell'Oms, le previsioni sono fosche: nel 2050, se non si interviene per tempo, le morti provocate da germi multi-resistenti potrebbero arrivare a 10 milioni, più che per i tumori. "Uno dei problemi riguarda anche la mancanza di nuovi antibiotici, perchè negli ultimi anni c'è stata poca ricerca", spiega Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Iss. E aggiunge che la situazione è allarmante negli ospedali e specie nelle terapie intensive, "anche per un semplice problema di igiene di medici e personale: basterebbe lavarsi le mani passando da un paziente all'altro".  

L'Ecdc segnala poi che anche che in ospedale può esserci un cattivo uso degli antibiotici: il 50% può infatti essere inappropriato, favorendo lo sviluppo della resistenza. "La realtà epidemiologica impone di ridurre l'uso inappropriato, sia nelle persone che negli animali", dice il presidente del Gisa. E indica una delle cause della situazione italiana nel "calo del livello di protezione immunitaria: le vaccinazioni che non si fanno". Sembra quasi un ritorno al medioevo della medicina, ma gli esperti pensano a una governance per il controllo delle infezioni secondo l'approccio One health, che considera come connesse la tutela della salute umana, quella animale e ambientale. "Purtroppo in alcuni Paesi - hanno spiegato - gli antibiotici vengono usati anche per accelerare la crescita degli animali. Nell'Ue la legislazione è restrittiva, ma non è così dappertutto".

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