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Pit salute: ticket costosi e intramoenia per pochi

Sanità pubblica Redazione DottNet | 12/12/2017 19:36

Rapporto Cittadinanzattiva: gli italiani rinunciano alle cure

Liste d'attesa sempre più lunghe, ticket cari, l'intramoenia a costi insostenibili, farmaci inaccessibili. La croce del servizio sanitario nazionale tuttavia non allontana i cittadini, che continuano a considerarlo come un riferimento in termini di fiducia e perché l'assistenza privata è fuori budget. La rabbia però è tanta, come dimostrano le segnalazioni di 24.860 cittadini nel 2016 confluite nel XX Rapporto Pit Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato presentato oggi a Roma e realizzato con il sostegno non condizionato di Ipasvi, Fnmceo e Fofi.  

I dati parlano chiaro: ai pazienti a cui sono stati prescritti visite specialistiche, esami diagnostici o che si devono sottoporre a interventi chirurgici tocca mettersi in fila. E si va dai 13 mesi per una mammografia, a un anno per una colonscopia, una visita oncologica, o neurologica. Nel 2016 sono stati riferiti ritardi soprattutto nell'accesso alle prestazioni, in alcuni casi i tempi di attesa sono anche peggiorati, con segnalazioni passate dal 34,3% del 2015 al 40,3% dello scorso anno.    Negli ospedali ci sono le liste più lunghe per le visite specialistiche: particolarmente complicato accedere a oncologia, cardiologia e oculistica. Per una protesi al ginocchio o una cataratta passa anche un anno prima di ottenere la prestazione.    Insomma, bisogna armarsi di santa pazienza. Il fatto è che la salute non può attendere e allora spesso tocca rivolgersi all'intramoenia e qui si apre un altro capitolo della denuncia dei cittadini: i costi sono troppo alti, quasi quanto una visita o un esame in uno studio privato, come elevati e ingiusti vengono percepiti i costi dei ticket, i farmaci, le residenze assistenziali, protesi e ausili.

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Dalle segnalazioni viene fuori che il 12% del totale riguarda la forte preoccupazione sui costi: il 37,4% stigmatizza gli aumenti dei ticket per la diagnostica e la specialistica, il 31% esprime disagio rispetto ai casi di mancata esenzione. Con il risultato che il Servizio pubblico risulta non solo difficile nell'accesso, ma anche dedicato soltanto a chi se lo può permettere. A patirne sono soprattutto le persone in stato di fragilità: anziani, persone sole, non autosufficienti, con cronicità, quelle con sofferenze mentali. E le famiglie che con la crisi economica si sono ritrovate in ristrettezze.    Ma non basta, dal Rapporto risultano in crescita le difficoltà dei cittadini con l'assistenza sanitaria territoriale. Una segnalazione su tre riguarda problemi con l'assistenza di base, soprattutto per il rifiuto di prescrizioni da parte del medico di famiglia e per l'inadeguatezza degli orari di studio. Il dato è peggiorato rispetto al 2015, passando dall'11,5% delle segnalazioni al 13,9%. Denunciati anche disagi per ottenere assistenza sanitaria sul territorio di appartenenza, nelle strutture residenziali e lungodegenze e assistenza a domicilio. In lieve diminuzione invece le segnalazioni sui presunti casi di 'malpractice' e sicurezza delle strutture.

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