L'Università di Torino è la capofila nella ricerca europea finanziata con 34mln
Mettere a punto nuovi test diagnostici, non invasivi come la biopsia, per valutare i pazienti con steatosi epatica non alcolica (Nafld), allo scopo di identificare quelli a maggior rischio di sviluppare una epatite cronica o un tumore. E' lo scopo della ricerca, finanziata dall'Europa con 34 milioni di euro. Il progetto Litmus(acronimo di Liver Investigation: Testing Marker Utility in Steatohepatitis)include 47 partner ed è coordinato dall'università di Newcastle.
In Italia, guidati dall'Università di Torino, partecipano le università di Milano, Firenze, Palermo, il CNR di Pisa, l'Università Politecnica delle Marche e Cattolica del Sacro Cuore di Roma. La Nafld, che colpisce il 20-30% della popolazione mondiale, è causata da un accumulo di grasso nelle cellule del fegato ed è fortemente associata all'obesità e al diabete di tipo 2. La sfida è identificare gli individui maggiormente a rischio di progredire verso la cirrosi epatica o il cancro del fegato (epatocarcinoma), in modo da poter intervenire prima dello sviluppo della cirrosi. Al momento questo è possibile solo effettuando una biopsia epatica, un esame invasivo che può essere effettuato solo in centri specializzati; è quindi di fondamentale importanza disporre di test accurati, non invasivi e disponibili a tutta la popolazione.
Il professor Quentin Anstee, del Newcastle University's Institute of Cellular Medicine, coordinatore del consorzio, ha dichiarato che "la steatosi epatica non alcolica è già la principale causa di trapianto di fegato negli Stati Uniti e, con la diffusione crescente di obesità, lo diventerà probabilmente presto anche in Europa".
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