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Brexit: i medici italiani salutano Londra

Professione Redazione DottNet | 18/02/2018 16:40

Un futuro incerto spinge gran parte dei 6mila camici bianchi italiani a lasciare la Gran Bretagna

Sono seimila i medici italiani che lavorano in Gran Bretagna su un totale di circa 60mila unità rappresentando la sesta comunità medica nel Regno Unito, seconda solo all’Irlanda. E per loro il futuro con la Brexit è più incerto che mai, tanto che sono in molti ad aver espresso il desiderio di lasciare l'Inghilterra. L'esodo del personale dagli ospedali d'Oltremanica sarà per il Servizio sanitario un problema non secondario, che andrà ad aggiungersi alle altre criticità di un sistema che non brilla certo per efficienza.

Calano gli arrivi
Tuttavia l’effetto Brexit si è già fatto sentire: lo scorso anno il numero di medici in arrivo dalla Ue, come riporta il Sole24ore, è sceso a 3.458, un calo del 9% ai minimi da otto anni, secondo i dati del General Medical Council. La carenza di personale sta mettendo in difficoltà l’Nhs, alle prese con una crisi finanziaria e una mole di lavoro in costante aumento a causa dell’allungamento della vita media e dell’incremento di condizioni mediche croniche: entro il 2040 il numero della popolazione con più di 85 anni raddoppierà passando dagli attuali 1,6 milioni ai 3, 2 milioni. La voragine nell’organico ammonta all’allarmante cifra tonda di 100mila professionisti in totale, con alcuni ospedali che raggiungono i 1.600 posti vacanti.

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Non solo: in alcune aree specialistiche l’assistenza dipende totalmente da esperti non britannici e, in tempi di Brexit, sicuramente non è un elemento confortante. I camici bianchi vanno via soprattutto perché non ci sono garanzie sul lungo termine e manca quindi la certezza di un futuro lavorativo stabile in Gran Bretagna. Nonostante l’accordo preliminare siglato nel dicembre scorso tra Londra e Bruxelles, ci sono ancora diversi punti interrogativi sui diritti dei cittadini Ue residenti nel Regno Unito post Brexit, soprattutto per chi non è qui da molti anni.

Troppi dubbi
«Il Governo deve continuare a dare garanzie che i medici Ue saranno sempre i benvenuti e che il loro contributo all’Nhs sarà apprezzato senza che debbano fare i salti mortali - ha detto Jane Dacre, presidente del Royal College of Physicians. – È cruciale che l’Nhs possa continuare ad assumere professionisti di talento in un sistema che attualmente ha carenze di personale ed è arrivato al limite».

Ottimismo condiviso anche dalla pagina Facebook che riunisce i medici italiani a Londra: «Quindi alla fine tutto questo fuggi fuggi di cui si fa un gran parlare è, come noi abbiamo sempre sostenuto, una bufala? Per ora nulla è cambiato e le previsioni di allontanamento sono solo tali. Io continuo a credere che se volete un futuro migliore ed una condizione di lavoro degna di questo nome dovete pensare di raggiungerci», si legge sul sito. Già, ma in un'intervista rilasciata a Sanitàinformazione, un medico italiano Luca Molinari, pediatra che vive a Londra da 15 anni, spiega che «Attualmente è l’incertezza il sentimento che serpeggia fra gli italiani che vivono in Gran Bretagna: uno stato d’animo inquieto, reale, comune alla maggioranza di noi. Io lavoro in una clinica italiana a Londra, dunque m’interfaccio con molti italiani ogni giorno e di recente ho notato una grande amarezza nei confronti di un Paese in cui ci si sentiva ben accolti e che adesso non riserva più questa ospitalità. In fondo, nonostante non si sappia che verso prenderanno le negoziazioni, il sentimento è un po’ quello di un giocattolo che si è rotto: lo si potrà aggiustare ma non tornerà mai più quello di prima. Gli italiani sono preoccupati e gli inglesi per adesso stanno a guardare, forse non proprio consapevoli di quello che succederà».

Associazione medici italiani
Accanto ai medici italiani c'è anche un'associazione, l'Italian Medical Society of Great Britain (IMS-GB). E' la più importante Società Scientifica dei medici italiani in Gran Bretagna e che ha tra i suoi obiettivi l'orientamento e il supporto ai nostri connazionali nel Regno Unito, oltre a dialogare con le società scientifiche italiane. Il presidente è Sergio Bonini, Professore Ordinario di Medicina Interna e Associato di Ricerca dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale del CNR, attualmente distaccato dalla Seconda Università di Napoli come esperto nazionale presso l’European Medicines Agency, Senior Medical Officer. In una nota diffusa al momento del suo insediamento, il nuovo presidente annuncia che se da un lato «continuerà a favorire la formazione e l’inserimento dei giovani medici che intendono completare la loro formazione con uno stage presso istituzioni inglesi e a facilitare la progressione di carriera di quelli già operanti in UK», dall’altro «cercherà di attuare tutte le possibili iniziative atte a favorire il contro-esodo di tutti i medici che volessero rientrare nel nostro Paese, apportando il contributo dell’esperienza acquisita al miglioramento della qualità scientifica e professionale del nostro sistema sanitario».

S.C.

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