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Il pancreas artificiale risulta efficace contro il diabete 1

Endocrinologia Redazione DottNet | 20/04/2018 12:25

Migliora il controllo dei livelli di zucchero nel sangue rispetto al trattamento standard

L'uso di un pancreas artificiale è sicuro ed efficace per le persone con diabete di tipo 1 e associato a un miglior controllo dei livelli di zucchero nel sangue rispetto al trattamento standard. La conferma arriva da una revisione delle prove disponibili pubblicate sul British Medical Journal (BMJ).    Il pancreas artificiale è un sistema che misura i livelli di zucchero nel sangue utilizzando un sistema di monitoraggio continuo del glucosio, o zucchero nel sangue, e trasmette queste informazioni a una pompa insulinica che calcola e rilascia la quantità necessaria di questo ormone nel corpo, proprio come fa il pancreas nelle persone senza diabete. I ricercatori dell'Università Aristotele di Salonicco, in Grecia, hanno esaminato i risultati di 41 studi randomizzati controllati che hanno coinvolto oltre 1000 persone con diabete di tipo 1.

Hanno quindi confrontato i sistemi del pancreas artificiale con altri tipi di trattamento a base di insulina e scoperto che era associato a quasi due ore e mezza in più di livelli normali di glicemia rispetto ad altri tipi di trattamento, nell'arco di un periodo di 24 ore. L'uso del pancreas artificiale ha anche ridotto il tempo trascorso in uno stato di glicemia alta di circa due ore, e di glicemia bassa di circa 20 minuti rispetto ad altri tipi di terapia. "Il dato conferma quanto già sapevamo dai singoli studi, ovvero che il microinfusore di insulina unito al controllo della glicemia in continuo, rappresentano un metodo di gestione del diabete molto efficace per ottenere un ottimo controllo metabolico", spiega Paolo Pozzilli, responsabile dell'Unità di Endocrinologia e Diabetologia dell'Università Campus Biomedico di Roma ed esperto della Società Italiana di Endocrinologia (Sid). Questo suggerisce che servirebbe maggior ricerca per "valutare il beneficio dell'adozione di questi dispositivi nella pratica clinica"

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fonte: British Medical Journal

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