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La rivolta delle Regioni: chiedono più autonomia

Sanità regionale Redazione DottNet | 22/07/2018 17:22

Al centro della richiesta in particolare la sanità

Le Regioni vogliono più autonomia, soprattutto nella sanità. E così altre vogliono  inserirsi, a ridosso del gruppo capofila, tra coloro che alla fine hanno optato per una regionalismo differenziato (clicca qui per scaricare il documento del Senato) CampaniaLiguriaLazioMarchePiemonteToscana e Umbria giovedì prossimo, 26 luglio, si siederanno intorno a un tavolo con la ministra per gli Affari Regionali Erika Stefani per parlare delle possibilità messe a disposizione dall'applicazione del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione.

Secondo gli addetti ai lavori salta agli occhi la presenza in un solo colpo di tanti territori appartenenti al Centro Italia, a cui a breve peraltro è possibile possano accodarsi una o due altre regioni, questa volta del Sud.

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Tutto comincia lo scorso 28 febbraio quando Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna siglarono i pre accordi per l'autonomia con l'allora Governo Gentiloni. Quei pre accordi sancivano, tra le altre, nuove importanti autonomie in tema di sanità: dagli accessi alle scuole di specializzazione, all’ingresso nel Ssn, ma molte novità anche per i farmaci equivalenti e i ticket. Il Veneto avrà anche spazio di manovra sulla libera professione e l'Emilia Romagna sulla distribuzione diretta dei farmaci. Ad oggi, su 15 regioni a statuto ordinario, 3  hanno sottoscritto accordi preliminari con il Governo,  7 hanno già formalmente conferito al Presidente l'incarico di chiedere al Governo l'avvio delle trattative per ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.

Si tratta, come detto, di CampaniaLiguriaLazioMarchePiemonteToscana e Umbria: con loro il Governo potrebbe avviare immediatamente i negoziati. Tutte e 7 chiedono maggiore autonomia anche in tema di sanità. Tre regioni non hanno ancora approvato formalmente tale mandato, ma hanno assunto iniziative preliminari che in alcuni casi hanno condotto all'approvazione di atti di indirizzo. Si tratta di Basilicata, Calabria, Puglia e infine  2 regioni, Abruzzo e Molise, non risultano invece aver avviato iniziative formali per l'avvio della procedura ex art.116, terzo comma, della Costituzione.

Sulla base del "regionalismo differenziato" alle regioni a statuto ordinario possono essere attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia  su determinate materie seguendo uno specifico procedimento. La procedura per l'attivazione del regionalismo differenziato è ricavabile (quasi esclusivamente) dalla disposizione costituzionale: non è mai stato realizzato, infatti, un organico intervento legislativo per disciplinare l’attuazione dell'art. 116, terzo comma. La regione interessata è l'unico soggetto titolato ad avviare il procedimento. L’avvio di questo procedimento può eventualmente essere preceduto (e così è stato per le regioni Lombardia e Veneto) da un referendum consultivo per acquisire l'orientamento dei cittadini.

Non è un caso allora se la titolare per gli Affari regionali, la veneta (nonché leghista) Erika Stefani esprima soddisfazione da tutti i pori. "La richiesta di incontro dei presidenti delle Regioni interessate mi rende particolarmente felice - ha spiegato  al Ministero di via della Stamperia - perché la questione dell'autonomia da alcuni forse era stata letta come una questione riguardante solo alcuni territori, anzi da alcuni marchiata in qualche modo come egoismo territoriale. Invece la richiesta di un regionalismo differenziato sta diventando quasi contagiosa, e lo dico in senso positivo, si sta comprendendo cioè che il sistema delle autonomie potrebbe rivisitare il rapporto tra Stato e Regioni".

A giudizio della ministra l'adesione numerosa al regionalismo differenziato (o rafforzato, definizione più cara al vecchio esecutivo), "è veramente interessante perché le richieste provengono anche da regioni nelle quali sono stati presenti sentimenti particolari, come quelli che ci sono stati per esempio nello stesso Veneto, dove ci sono state addirittura anche istanze indipendentiste. Si tratta di regioni, come l'Umbria e le Marche, allo stesso modo della Toscana, il Piemonte e la Liguria, che si sono unite a questo percorso che era già iniziato con le pre-intese da parte di Veneto, Lombardia e Emilia Romagna. Credo veramente - ha aggiunto - che questa possa essere un'occasione per ripensare il rapporto tra lo Stato e le Regioni, che non sono soltanto dei confini territoriali tracciati su una carta ma una potenzialità enorme per l'Italia stessa. Proprio la differenziazione tra regioni, le caratteristiche di ogni singola regione, rappresentano un unicum.

E la diversità in questo caso - ha sottolineato da ultimo - arricchisce, arricchendo anche il significato stesso dello Stato". L'iter scelto dalle 4 regioni new entry sarà molto probabilmente quello utilizzato dall'Emilia Romagna, vale a dire una decisione presa a maggioranza dalla giunta del governo regionale. Dunque, giornata convulsa quella di giovedì prossimo per il Ministero della Stefani. In quella stessa data tornerà a farsi vedere il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, il quale ha spiegato che parlerà con la ministra per "concordare i dettagli dell'accordo".

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