Studio individua i primi danni all'encefalo già fin dalla nascita
La malattia di Huntington non risparmia i più piccoli, ma in bimbi e ragazzi si manifesta con un danno cerebrale completamente diverso rispetto agli adulti e che inizia a svilupparsi già in fase prenatale. Ed è proprio in fase prenatale o infantile che potrebbe essere, in futuro, già riconosciuta per prevenire i sintomi prima ancora che si manifestino.
E' quanto dimostrano i risultati di uno studio italiano pubblicato su The Lancet Neurology, che identifica per la prima volta al mondo la variante più aggressiva di questa patologia ereditaria e che apre la via a strategie di cura del sistema nervoso anche dell'adulto. La malattia scoperta da George Huntington nel 1872 colpisce circa 6.500 pazienti in Italia e si manifesta con maggiore frequenza tra i 30 e i 50 anni. Ma in circa il 10% dei casi insorge anche prima dei 20 anni. Questa forma pediatrica, rara nell'ambito di una malattia già di per sé rara, è anche quella legata a manifestazioni più gravi. Su questi si è concentrato un team internazionale di ricercatori, guidati da Ferdinando Squitieri, responsabile dell'Unità Ricerca e Cura dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, della Neurologia dell'Istituto CSS-Mendel a Roma. "Questa malattia - spiega Squitieri, responsabile scientifico della Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington - è invalidante a livello motorio perché provoca spasmi muscolari di difficile controllo, ma ha anche ripercussioni intellettive e sul comportamento".
Studiando un ampio gruppo di pazienti giovanissimi si è visto che l'anomalia genetica che la provoca, altera già a livello embrionale il normale sviluppo di una parte profonda dell'encefalo, chiamata striato. Di conseguenza si ripercuote sulla crescita del sistema nervoso e causa un impatto ancora più drammatico sulla qualità della vita già subito dopo la nascita. La scoperta, conclude l'esperto, potrebbe portare "a capire come i sintomi si sviluppano nel tempo e come si forma l'encefalo nelle prime fasi della vita" con la speranza di riuscire ad "agire in anticipo sulla cattiva funzione delle cellule nervose per prevenire l'insorgere e il progredire della malattia"
fonte: The Lancet Neurology
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