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I medici disertano i concorsi: gli ospedali si stanno svuotando

Professione Redazione DottNet | 15/10/2018 19:16

Il mancato rinnovo del contratto e le difficoltà della professione alimentano la fuga verso il privato

E' allarme carenza medici ospedalieri. "Un bollettino di guerra", secondo l'Anaao-Assomed. "All'ospedale di Camposanpiero (Pd), concorso per pediatri, 8 domande, 2 concorrenti, nessuno accetta; all'ospedale di Cantù: concorso per chirurghi, 9 domande, nessuno si presenta. A Rovigo è stato bandito un concorso per 9 medici di medicina interna e, i candidati idonei erano 14 ma alla fine solamente 8 hanno accettato l’incarico.

L'ospedale di Parma non era il solo ad essere impegnato in una caccia vana di medici per il pronto soccorso - ricorda il sindacato dei medici e dirigenti del Ssn -  Ormai sembra chiaro che il lavoro in ospedale non è più appetibile per i medici, non rientra tra gli obiettivi primari di quei 70mila giovani che si contendono ogni anno l’accesso alla carriera". I medici si fermeranno per uno sciopero il 9 e il 23 novembre "per chiedere a Governo, Regioni e Parlamento - avverte l'Anaao - uno scatto di responsabilità che eviti il crack"

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Per Pierpaolo Sileri, presidente della Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama, bisogna dire sì al dialogo tra chi amministra la sanità e chi vi lavora, no ai tagli calati dall'alto, che in molti casi hanno "allontanato eccellenze dalla nostra sanità pubblica" fino a provocare una "emorragia di medici". "Negli ultimi anni - ha sottolineato il senatore del Movimento Cinquestelle - abbiamo assistito ad un progressivo cambiamento del nostro Servizio sanitario nazionale. Ospedalieri e universitari hanno dovuto cambiare approccio e metodo di lavoro sull'onda della 'Clinical Governance'. Laddove governance è stata dialogo, concertazione e consultazioni tra professionisti e amministratori i risultati sono arrivati". Quando questo non è avvenuto, ha proseguito, ovvero quando "i tagli sono avvenuti con decisioni calate dall'alto, attraverso una mera revisione di conti storici e senza dialogo, sono state distrutte realtà scientifiche, professionali e una intera filiera di formazione". La priorità, ha aggiunto, "è via la politica dalla sanità. Secondo, riflettere sul fatto che la Governance in troppi casi ha allontano eccellenze dal Servizio sanitario nazionale, provocando un'emorragia di medici".

"La miscela costituita da turni ed orari senza limiti - prosegue la nota dell'Anaao – con retribuzioni ferme al 2010, la rarefazione delle progressioni di carriera, la burocrazia asfissiante nel trionfo della medicina di carta, lo svilimento di un ruolo che una volta era professionale ed oggi è ridotto a banale fattore di produzione, in coerenza con l’evoluzione neo fordista dell’organizzazione ospedaliera, ha ormai reso insopportabile questo lavoro. Senza contare la distonia di un aumento di responsabilità senza aumento di autonomia professionale, di una crescente gravosità e rischiosità senza valorizzazione economica".

Secondo il sindacato "la sanità rischia di essere la grande dimenticata della legge di bilancio 2019. Una manovra da 37 miliardi si dichiara paga di essere entrata nel 'club del miliardo in più' al Fondo sanitario nazionale (Fsn) e, violando, solo in questo caso, lo stesso contratto di governo, non investe sul sistema delle cure, al quale non restituisce le risorse sottratte negli ultimi anni, né sulla assunzione e formazione di chi quelle cure è chiamato ad assicurare. La manovra del popolo nega al popolo i mezzi per la tutela del suo bene prezioso, la salute, il capitale dei poveri".

Per l'Anaao "il capitale umano è diventato disumano, fino al rifiuto dei giovani ad entrare negli ospedali ed alla conta dei meno giovani dei giorni all'alba della pensione. La sanità ospedaliera è avviata su un piano inclinato che la porta ad un certo e rapido peggioramento. Ma non esiste sanità senza ospedali, a dispetto del messaggio che si è voluto trasmettere da tempo con il processo di deospedalizzazione, peraltro senza una contestuale riorganizzazione delle cure primarie. E non esistono ospedali senza medici".

"Non stiamo sereni se non vediamo nella legge di bilancio provvedimenti tesi a favorire il rinnovo dopo 10 anni del contratto di lavoro della dirigenza medica e sanitaria come l’abrogazione dell’articolo 23 della pseudoriforma del pubblico impiego del precedente governo, uno scippo delle risorse contrattuali, o ad incrementare, come già fatto per la medicina generale, di almeno 3000 unità il numero dei contratti di formazione specialistica per allineare laureati e specializzati, o - aggiunge il sindacato - infine, misure straordinarie per  facilitare l’accesso ai concorsi ospedalieri che sempre più spesso vanno a vuoto per carenza di concorrenti".

"Investire in sanità oggi vuol dire anche creare le condizioni per rendere ancora desiderabile il lavoro del medico e del dirigente sanitario negli ospedali, riducendo il disagio, valorizzando il merito, aumentando le retribuzioni, per garantire la quantità e la qualità della risposta al bisogno di salute dei cittadini - conclude la nota - Come si pensa di garantire il turnover delle decine di migliaia di medici che hanno già un piede nella pensione? O per la sanità non vale la regola che vuole una nuova assunzione per ogni pensionato?".

Insomma tra pensionamenti di massa e fughe dal pubblico si prevede che da qui al 2022 avremo 11.800 camici bianchi in meno, anche a causa del fatto che il 35% di loro lascia il lavoro prima dei sopraggiunti limiti di età. Un esercito che si aggiunge all'attuale carenza di organico, costante in qualunque struttura sanitaria. Ma a pesare non è solo l'età: secondo l'ultimo  report della Federazione di Asl e ospedali Fiaso, infatti, un medico su tre lascerà il servizio pubblico non per andare in pensione. Magari per transitare nel privato. E c’è anche chi accetterà il prepensionamento perché, ormai, è diventato un miraggio l'avanzamento di carriera.

Facendo due conti in base a queste proiezioni nei prossimi anni i medici dei servizi sanitari di base si estingueranno, mentre gli igienisti si ridurranno del 93% e i patologi clinici dell'81. Internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori si ridurranno a loro volta di oltre la metà, anche se il maggior numero di cessazioni dal lavoro in termini assoluti si avrà  tra gli anestesisti, che lasceranno in 4.715 da qui al 2025. 

Anche se poi – si legge sul Sole24ore - non sempre questi numeri corrispondono alle criticità segnalate dalle Aziende sanitarie, che in cima alla lista delle specialità mediche con carenze di organico più critiche mettono nell'ordine anestesia, medicina e chirurgia d'urgenza e pediatria, che pure figura nella parte bassa della classifica per cessazioni in numeri assoluti. Questo perché evidentemente il tasso di ricambio dei pediatri ospedalieri è ancora più basso che in altre specialità. Probabilmente per la tendenza dei giovani specializzati ad optare per la professione in regime di convenzione, anziché di dipendenza.

E non è tutto: bisogna fare i conti anche con il primato italiano di anzianità dei nostri medici, che nel 51,5% dei casi hanno superato i 55 anni di età, contro il 10% del Regno Unito, il 20% o poco più  di Olanda e Spagna, mentre Francia e Germania si collocano al secondo e terzo posto ma con percentuali di medici con i capelli bianchi del 40 circa per cento. Questo perché  ai molti che hanno via via abbandonato i loro posti per sopraggiunti limiti di età o per altre ragioni non hanno fatto seguito che poche assunzioni a causa dei reiterati blocchi del turn over. La proiezione nazionale dei dati del campione dice che dal 2012 al 2017 24.651 dirigenti medici hanno lasciato il servizio. Una media di circa 4.100 cessazioni l'anno. Che hanno generato il progressivo invecchiamento della popolazione medica, tant'è che se del campione solo nel 2012 erano in 422 a spegnere le 65 candeline che spesso coincidono con la pensione, lo scorso anno la platea dei potenziali pensionandi era salita a quota 2.087. E il trend è in costante crescita.

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