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Cresce l'offerta di farmaci orfani, 95 quelli commercializzati in Italia

Farmaci Redazione DottNet | 20/11/2018 15:18

Nove i nuovi autorizzati nel 2018 ma resta la complessità per la gestione del territorio

Nuove opportunità terapeutiche per i pazienti, in tempi che sembrano essere sempre più brevi. Si presenta come un settore in buona salute quello della ricerca e sviluppo dedicato ai trattamenti per le malattie rare, anche se non mancano criticità legate alla complessità della gestione sul territorio. Nel 2018 nove nuovi farmaci sono stati autorizzati all'immissione in commercio, per un totale di 95 farmaci orfani commercializzati in Italia. A livello nazionale, poi, si registra una significativa riduzione dei tempi del processo di approvazione negli ultimi anni: tra autorizzazione Ema e determina del prezzo di rimborso si passa, infatti, da 35 mesi nel triennio 2003/2005 a 11 mesi nel 2015/2017. E' quanto emerge dal secondo Rapporto dell'Osservatorio Farmaci Orfani (Ossfor) presentato a Roma.

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"Maggiori consumi e spesa - spiega Francesco Macchia, coordinatore Ossfor - dipendono in larga misura dall'immissione in commercio di farmaci di nuova generazione negli ultimi tre anni, mentre la spesa per i farmaci più vecchi è addirittura diminuita, per la prima volta, di circa il 5%. Le particolari tutele previste a livello internazionale e nazionale per questo settore sembrano finalmente dare i primi significativi frutti: per il futuro diventa fondamentale dare stabilità al settore, per dare risposta alle oltre 6000 malattie rare che ancora non hanno una vera e propria opportunità terapeutica". Il documento si avvale dell'analisi di database amministrativi regionali: dopo la Puglia, quest'anno anche la Campania. Emerge dal rapporto una difforme distribuzione sul territorio dei pazienti con malattie rare (dovuta a vari fattori come anche un 'bias' nella diagnosi), con una complessità nella gestione. "La distribuzione difforme - spiega Federico Spandonaro, presidente Crea Sanità - giustifica da una parte la centralizzazione dell'offerta di strutture e competenze, e dall'altra indica l'esistenza di un problema di concentrazione del rischio finanziario, nella misura in cui le risorse delle Asl sono ripartite per quote capitarie medie".

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