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Scoperto il punto debole dei tumori al cervello grazie a big data e Dna

Oncologia Redazione DottNet | 18/12/2018 15:58

Iavarone: adesso diventa possibile l'immunoterapia

Un'enorme quantità di dati genetici raccolti da 25 centri di ricerca in tutto il mondo, con la collaborazione di matematici e bioinformatici, ha messo alle strette una forma di tumore del cervello finora inattaccabile con l'immunoterapia, la terapia che scaglia le difese immunitarie contro i tumori premiata con il Nobel per la Medicina 2018.

Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, si deve alla ricerca coordinata dagli italiani Antonio Iavarone e Anna Lasorella, che da anni lavorano nella Columbia University di New York. Per l'Italia hanno collaborato l'istituto neurologico Besta di Milano e l'ospedale pediatrico di Roma Bambino Gesù. I Big Data hanno permesso di ricostruire la mappa molecolare del glioma, il tumore del cervello legato alla malattia genetica chiamata neurofibromatosi di tipo 1 (Nf1). E' emerso così che in questa forma di tumore sono presenti delle cellule immunitarie (linfociti T), che ora possono essere usate per combattere la malattia.

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"Si apre la strada a cure personalizzate anche per questa forma di tumore", ha detto Iavarone all'ANSA. "La mappa molecolare - ha spiegato - permette di selezionare in anticipo i tumori che hanno linfociti T e che possono essere trattati con l'immunoterapia". Grazie all'analisi basata sui Big Data, ha proseguito, "capire se in un tumore ci sono linfociti o no è molto semplice. Ci sono molti algoritmi per studiare questi dati e la loro analisi, condotta con l'aiuto dell'intelligenza artificiale, ci permette di analizzare le caratteristiche dei tumori". Il risultato appena ottenuto è stato possibile grazie a una collaborazione internazionale durata quattro anni, cui hanno collaborato matematici che non avevano mai avuto nulla a che fare con la biologia.

"Se analisi come queste fossero disponibili in tempo reale - ha rilevato - si darebbero delle opportunità di cura a molti pazienti con tumori difficili da curare". Lo dimostra il caso dei gliomi legati alla neurofibromatosi di tipo 1, "un dato che ci ha sorpreso - ha detto Lasorella - è che circa il 50% dei gliomi a crescita più lenta in pazienti con NF1 contenevano un numero molto alto di linfociti T, cellule in grado di riconoscere le cellule tumorali come estranee e distruggerle". Di conseguenza, ha aggiunto, questi tumori sono potenzialmente attaccabili con l'immunoterapia e si stanno preparando le prime sperimentazioni cliniche.

fonte: ansa

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