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Influenza, sei virus a rischio. 1,5 milioni gli italiani a letto

Infettivologia Redazione DottNet | 28/12/2017 21:33

Sono di origine aviaria e suina, sette casi nell'uomo da ottobre. La storia dell'epidemia di Spagnola

Sono sei i virus dell'influenza attualmente in circolazione negli animali in tutto il mondo e che sono 'sorvegliati speciali' perché a rischio mutazione. Potrebbero cioè prepararsi a fare il cosiddetto 'salto di specie', diventando contagiosi per l'uomo. Sono tutti virus del tipo A e tre di essi sono di origine aviaria, vale a dire che circolano tra uccelli selvatici e pollame, mentre gli altri tre circolano tra i suini. A un secolo dalla peggiore pandemia di influenza che si ricordi, la Spagnola del 1918, la Società Internazionale di Infettivologia (Isid) fa il punto sulla situazione alla luce dei dati all'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

Volatili e suini sono infatti i 'serbatoi' privilegiati dei virus dell'influenza: all'interno degli organismi animali i virus continuano a ricombinare il loro corredo genetico fino ad acquisire caratteristiche che permettono loro di aggredire l'uomo e poi di diventare contagiosi da uomo a uomo. Dal 30 ottobre 2017, rileva l'Isid, risulta che i virus dell'influenza in circolazione in volatili e suini abbiano causato complessivamente sette infezioni nell'uomo tra Cina e Stati Uniti. In Cina i ceppi H5N6, H7N9 e H9N2 hanno causato tre infezioni nell'uomo e, di queste, quella provocata dal virus H5N6 è stata mortale. Tutti gli individui hanno inoltre contratto l'infezione dopo essere entrati in contatto con il pollame vivo.

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Nessun segnale, invece, di un possibile contagio avvenuta da uomo a uomo e per questo motivo l'Isid rileva che, per quanto riguarda i virus di origine aviaria il rischio generale per la salute pubblica non è cambiato e la probabilità di trasmissione da uomo a uomo rimane bassa. I ceppi in circolazione nei suini sono H1N1, H1N2, H3N2 e hanno causato complessivamente quattro infezioni nell'uomo. Di queste, due sono state provocate dal virus H3N2. In tre casi l'infezione è avvenuta in seguito a contatti con gli animali, ma nel quarto caso non è stato possibile avere una conferma in questo senso. Pertanto, rileva l'Isid, non è possibile escludere che in questo caso ci sia stata una trasmissione da uomo a uomo.

Quasi 1,5 milioni gli italiani con l'influenza

Sono già 1,4 milioni gli italiani messi a letto finora dall'influenza, di cui 387.000 nell'ultima settimana tra il 18 e 24 dicembre. Il numero dei casi è iniziato rapidamente a salire da tre settimane, quando si è superato il valore soglia che segna l'inizio dell'epidemia, pari a 2,57 casi per mille assistiti. Lo segnala l'ultimo bollettino Influnet dell'Istituto superiore di sanità (Iss). L'aumento è stato brusco a partire dall'inizio di dicembre, tanto che da 2,6 casi si è passati a 4,26 la settimana seguente e ora a 6,39.

Il picco di casi finora si ha sotto i cinque anni, dove si osserva un'incidenza di 18,9 casi per mille assistiti, e nella fascia d'età tra i 5 e 14 anni, con 12,6 casi. Più contenuti i valori nelle fasce più adulte: 5,43 casi per mille nella fascia 15-64 anni e 2,78 casi negli anziani dai 65 anni in su. Le regioni dove l'influenza finora si è fatta sentire di più, con un'incidenza di almeno 7 casi per 1000 assistiti, sono il Piemonte, la provincia autonoma di Trento, l'Emilia-Romagna, la Toscana, il Lazio e la Calabria. L'andamento di questa epidemia influenzale, rileva l'Iss, ricalca, almeno per ora quello osservato nella precedente stagione 2016-2017.

Al momento, secondo le prime rilevazioni fatte dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), stanno circolando i virus A(H3N2) e B/Yamagata viruses, già presenti nella passata stagione influenzale. Ciò significa che una buona parte della popolazione dovrebbe essere già protetta e che anche il vaccino dovrebbe offrire una buona copertura. Tuttavia non è ancora possibile fare previsioni sull'intensità o sul picco dell'epidemia influenzale in Europa, nè si può escludere la comparsa di varianti del virus, che possono avere conseguenze pericolose per gli anziani. A predominare è il virus di tipo B (61%) su quello di tipo A (39%). Dal 2009, anno della pandemia influenzale, il virus di tipo B è circolato ogni 2-3 anni, anche se tende ad avere generalmente il suo picco un po' più tardi rispetto ai virus di tipo A.

In Europa la soglia epidemica per la stagione influenzale è stata superata al momento in 11 Paesi (Austria, Croazia, Danimarca, Francia, Italia, Ungheria, Norvegia, Polania, Portogallo, Spagna e Gran Bretagna), due settimane più tardi rispetto alla scorsa stagione, ma comunque nello stesso periodo di tutte le epidemie influenzali dal 2010-2011 in avanti.

L'epidemia di Spagnola

Non farsi trovare impreparati di fronte al virus sconosciuti né di fronte a nuove minacce globali, come quella dei batteri resistenti agli antibiotici: sono le lezioni più importanti della Spagnola, la terribile pandemia di influenza che all'inizio del 1918 si diffuse in tutto il mondo, provocando da 40 a 50 milioni di morti. "Una delle principali teorie sulla Spagnola sostiene che il virus era particolarmente aggressivo perché penetrava in profondità nei tessuti", osserva la virologa Ilaria Capua, a capo del Centro di eccellenza One Health dell'Emerging Pathogens Institute dell'Università della Florida.

Di certo a rendere quel virus ancora più devastante c'era una popolazione duramente provata dalla Grande Guerra. A ricordare la più terribile delle pandemie ci sono le croci bianche del cimitero di Spitzbergen, nell'arcipelago norvegese delle Svalbard. Nel 1999 il virus è stato 'riesumato' nei corpi conservati dal terreno ghiacciato e studiato da vicino. E' emersa così la sua stretta parentela con i virus influenzali tipici dei volatili e le sue caratteristiche hanno fornito informazioni preziose per contrastare l'eventuale arrivo di virus altrettanto aggressivi. Nel 2005 era pronto il suo identikit genetico e nel 2008 erano state ricostruite le mutazioni che avevano permesso al virus di fare il cosiddetto 'salto di specie', diventando trasmissibile da uomo a uomo: conoscenze cruciali per non farsi trovare impreparati all'arrivo di una nuova pandemia di influenza.

Era stata infatti notata una sorta di periodicità nelle ondate pandemiche, dalla Spagnola del 1918 all'Asiatica del 1957 alla Hong Kong del 1969. Quella del 2009 è stata la prima pandemia per la quale esisteva già un vaccino. Oggi è chiaro quanto sia importante non farsi cogliere impreparati, non solo da un eventuale virus pandemico, ma da virus emergenti come quelli della Sars, Zika, Ebola. Uno dei pionieri della ricerca sui vaccini, Rino Rappuoli, chief scientist della GSK Vaccini, ha indicato più volte l'importanza di accelerare la ricerca grazie a piattaforme per i vaccini basate sul geni sintetici, ossia geni progettati al computer.

"Certamente - ha rilevato Capua - le epidemie influenzali continueranno a susseguirsi" e "il rischio che possa emergere un virus con caratteristiche inconsuete esiste, ma un'altra minaccia è alla porta: gli antibiotici che oggi funzionano - ha detto - tra alcuni anni non funzioneranno più. Di conseguenza controllare la prevenzione delle infezioni virali con la vaccinazione diventa sempre più importante per non arrivare al punto in cui si dovranno usare antibiotici".

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