Quelli durante l'infanzia invece lo fanno crescere più in fretta
Dover affrontare una grave malattia o essere esposti a episodi di bullismo o di abusi modifica la struttura del cervello dei bimbi e ragazzi. Ma ci sono effetti diversi a seconda dell'età in cui questi traumi si verificano. Se avvengono da piccoli, infatti, fanno maturare più in fretta il cervello, se avvengono durante l'adolescenza, al contrario, ne rallentano il normale sviluppo. A dimostrarlo è uno studio pubblicato su Scientific Report, rivista del gruppo Nature. I ricercatori della Radboud Universiteit di Nijmegen, in Olanda, hanno seguito per quasi 20 anni 37 ragazzi privi di disordini psichiatrici o malattie neurologiche, raccogliendo informazioni sul loro rapporto con i genitori, le relazioni con i compagni di classe e con gli amici.
Quindi hanno effettuato immagini di risonanza magnetica per osservare come episodi stressanti si riflettessero su cambiamenti dell'amigdala e dell'ippocampo, regione del cervello che influenza memoria, sfera emotiva e comportamento. In particolare hanno studiato due periodi della vita dei partecipanti, da 0 e 5 anni di vita e tra 14 e 17 anni. Ne è così emerso che eventi traumatici che avvengono durante l'infanzia sono associati a un'accelerazione nella maturazione dell'ippocampo e della corteccia pre-frontale, cosa comprensibile dal punto di vista evolutivo perché un cervello più sviluppato può far meglio fronte a situazioni stressanti. Meno chiaro è invece perché i traumi che avvengono da adolescenti erano collegati a un ritardo nella crescita di queste aree del cervello. "Questi risultati - concludono i ricercatori - suggeriscono che la maturazione cerebrale tra la metà e la tarda adolescenza è particolarmente sensibile agli eventi personali e sociali avversi"
fonte: Scientific Report
È quanto emerge da uno studio appena pubblicato su Nature Communications
Lo indica una ricerca della Monash University di Melbourne, pubblicata su Preventive Medicine Report
Alessandro Padovani: “Per l’Alzheimer si riduce l’incidenza e aumenta la prevalenza. Gli ottantenni di oggi sono meno colpiti, ma l’invecchiamento della popolazione porta in assoluto a un incremento di pazienti”
La variante protettiva identificata dallo studio si trova in un gene che produce fibronectina
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