I giudici hanno accolto il ricorso del medico perché nella motivazione della condanna non è stato specificato in modo chiaro ed esaustivo l'applicazione delle linee guida
Il giudice non può condannare il professionista per lesioni gravi, affermando che si è posto "abbondantemente oltre i limiti delle linee guida" senza fare un'attenta valutazione del grado di colpa e della difficoltà della situazione. Lo ha sottolineato la Cassazione con la sentenza n. 37794 depositata il 6 agosto (clicca qui per scaricare il testo completo). Il caso esaminato riguardava un medico di pronto soccorso che non aveva disposto il ricovero immediato in un caso di "sospetta torsione del funicolo spermatico".
La mancata tempestività dell'intervento aveva provocato la perdita del testicolo da parte del paziente. In primo grado e in appello il medico è stato condannato perché non avrebbe seguito le linee guida non avendo fatto ricoverare il paziente e non avendolo operato immediatamente anche se nel suo presidio non era presente l'ecodoppler necessario per poter confermare la diagnosi. I giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso del medico perché la motivazione della condanna non era chiara nel senso che non è stato specificato in modo chiaro ed esaustivo il fatto che il medico si fosse discostato dalle linee guida. "La distinzione del grado della colpa - specificano i magistrati - quale discrimine tra la condotta penalmente rilevante o irrilevante avrebbe imposto un'analisi critica circa al corrispondenza della condotta concretamente individuata come rimproverabile alla colpa grave previa verifica dell'effettiva pertinenza nel caso concreto delle linee guida indicate dai periti ed, in ogni caso, dello scostamento della condotta del sanitario dalle predette linee guida e dalle buone prassi".
Il fatto
Un paziente si era recato al pronto soccorso su consiglio della guardia medica per forti dolori all’addome agli organi genitali con vomito. Il pronto soccorso ha effettuato una diagnosi di sospetta torsione del testicolo chiedendo una consulenza chirurgica dopo la quale il paziente era stato dimesso con indicazione di paziante asintomatico e prescrizione di controllo presso il medico generico. Ma i dolori al testicolo persistevano ed era comparso gonfiore alla sacca scrotale e il medico generico gli ha prescritto un esame ecografico.
Avendo questo però tempi lunghi il paziente ha consultato un urologo che ha prescritto antidolorifico e antibiotico, dandogli appuntamento per due giorni dopo. Al momento della visita l’esame ecografico ha evidenziato la torsione del testicolo sinistro e il paziente è stato operato d’urgenza per orchiectomia sinistra e impianto di protesti testicolare a sinistra con successiva diagnosi di necrosi testicolare sinistra da pregressa torsione del funicolo spermatico. La condotta omissiva del primo medico aveva comportato la perdita dell’uso di un organo o l’indebolimento permanente ma non la perdita della capacità di procreare.
Le linee guida
Secondo la Suprema Corte «l'introduzione, ad opera del d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, c.d. decreto Balduzzi) del parametro di valutazione dell'operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali, con la più incisiva conferma di tale parametro ad opera della legge 8 marzo 2017, n. 24, ha modificato i termini del giudizio penale imponendo al giudice non solo una compiuta disamina della rilevanza penale della condotta colposa ascrivibile al sanitario alla luce di tali parametri ma, ancor prima, un'indagine che tenga conto dei medesimi parametri allorché si accerti quello che sarebbe stato il comportamento alternativo corretto che ci si doveva attendere dal professionista, in funzione dell'analisi controfattuale della riferibilità causale alla sua condotta dell'evento lesivo».
La motivazione richiesta dalla legge
Ecco allora che «una motivazione che tralasci di indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, di valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri o di specificare di quale forma di colpa si tratti, se di colpa generica o specifica, eventualmente alla luce di regole cautelari racchiuse in linee-guida, se di colpa per imperizia, negligenza o imprudenza, ma anche una motivazione in cui non sia appurato se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali non può, oggi, essere ritenuta satisfattiva né conforme a legge». E infatti, è compito del giudice di merito quello di «discernere se ci si trovi in presenza di colpa per imperizia piuttosto che per negligenza o imprudenza». Nel caso di specie la Corte di appello aveva adottato una motivazione certamente non chiara: e infatti aveva ritenuto che si trattasse di colpa specifica per negligenza ma anche di colpa per imprudenza, negligenza ed imperizia, secondo il profilo di colpa cosciente, con previsione dell'evento. Peraltro, «data la diversa incidenza del tipo di condotta colposa sulla disciplina della responsabilità penale, si tratta di motivazione non soddisfacente, tanto più che, nella specie, la condotta tenuta [dal medico], consistendo secondo quanto adombrato in un passo della motivazione in un'erronea diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione dell'urgenza del caso e dall'omessa indicazione di un ricovero urgente per accertamenti strumentali, si sarebbe potuta ascrivere in parte al profilo della negligenza e, in parte, a quello dell'imperizia».
La graduazione della colpa
Inoltre, risulta imprescindibile «l'indicazione delle ragioni giustificative del giudizio di merito circa la graduazione della colpa, che secondo le più recenti normative costituisce il discrimine tra condotta penalmente rilevante e condotta non punibile ed è, in ogni caso, metro di valutazione del trattamento sanzionatorio».
Ecco, allora, che «spetterà [...] al giudice di merito scandagliare la regola cautelare che utilizzerà come parametro di giudizio, indicare a quali parametri precostituiti tale regola sia riconducibile, verificare quindi se il caso concreto possa essere parametrato — linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali — e, solo allora, stabilire in quale misura e per quali ragioni il sanitario se ne sia discostato».
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