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Batterio killer: dopo il Veneto, due morti in Emilia Romagna

Infettivologia Redazione DottNet | 21/11/2018 21:17

Il ministero della Salute chiede i dati alle Regioni. Mycobacterium sarebbe il responsabile dei decessi

Dopo quelli segnalati in Veneto, due nuovi casi di pazienti morti per infezione accertata da Micobatterio Chimera, il cosiddetto batterio killer, sono stati accertati in Emilia Romagna. Per altri due decessi sospetti sono in corso verifiche, mentre per circa 100 cartelle su 134, l'indagine deve partire. Il risultato è emerso dai controlli avviati dall'Emilia Romagna in seguito alla richiesta del Ministero della Salute che ha chiesto alle Regioni i dati su eventuali casi di infezione e sollecitato anche un approfondimento delle informazioni raccolte a partire dal 2016 dall'Istituto superiore di Sanità. E l'Ospedale Salus si difende: "legame con decessi da valutare". "Siamo di fronte ad un evento raro, causato probabilmente da un lotto di macchinari prodotti dalla stessa azienda.

L'allerta, naturalmente, da parte nostra è massima", ha affermato l'assessore per la salute dell'Emilia-Romagna, Sergio Venturi, annunciando l'avvio di un'indagine della Regione sul Micobatterio chimera. "Abbiamo due casi di decesso causato dall'infezione di quel batterio, avvenuti al Salus Hospital di Reggio Emilia, segnalati al ministero quest'estate", spiega Venturi. "Si tratta di eventi molto rari - aggiunge - che fanno pensare che tutto sia legato a un lotto particolare di macchinari prodotti dalla stessa azienda". Si tratta di macchine cuore-polmone che consentono la circolazione extracorporea durante particolari interventi di cardiochirurgia.

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La Regione sta preparando un'informativa che invierà a tutti i pazienti operati nelle cardiochirurgie che hanno richiesto l'utilizzo della macchina cuore-polmone. "Vogliamo informarli sulle infezioni e che qualora avvertissero quei sintomi per periodi prolungati si devono rivolgere al medico di base", sottolinea Venturi. In Veneto una denuncia è stata presentata nei giorni scorsi dai parenti di Paolo Demo, un anestesista vicentino di 66 anni morto il 2 novembre scorso in seguito a un'infezione causata dal microbatterio Chimera. Secondo la famiglia del medico, a provocare il decesso sarebbe stato il batterio contratto durante un intervento chirurgico al cuore per la sostituzione della valvola aortica a cui Demo si era sottoposto nel 2016. La responsabilità, sostiene l'esposto, sarebbe da attribuire all'uso di un macchinario per la circolazione extracorporea in uso nelle sale operatorie di cardiochirurgia.

L'azienda produttrice della strumentazione si è difesa sostenendo di aver già avvertito nel 2015 gli ospedali del problema, consigliando l'adozione di una accurata sanificazione. L'ospedale rende noto, invece, che "all'epoca dei fatti l'esistenza e la probabilità di esposizione al micobatterio tramite l'utilizzo di questi macchinari non poteva essere conosciuta in quanto la conoscenza di tale problematica è avvenuta per il mondo medico italiano successivamente ai fatti citati". Anche alla luce dalla nota dell'Asl citata dal Salus e datata luglio 2018, l'ospedale ribadisce che "il presunto legame fra alcuni dei decessi e le infezioni tramite il macchinario di riscaldamento extracorporeo è attualmente ancora in fase di valutazione". Il sospetto dei familiari, anche sulla scorta di un memoriale lasciato da Demo, resta che l'ospedale, pur sapendo del rischio connesso all'utilizzo del macchinario, non abbia preso provvedimenti in tempo utile. "I rigorosi processi di sterilizzazione degli ambienti, del personale preposto per tutto il periodo di impiego dei macchinari e dei macchinari stessi in uso nelle sale operatorie di Salus Hospital sono sempre stati eseguiti con estrema accuratezza di tutti i protocolli previsti. E tutti i certificati di analisi sono sempre risultati negativi" al batterio, spiega ancora il presidio.

Intanto il Ministero della Salute ha chiesto alle Regioni i dati su eventuali casi di infezione invasiva da Mycobacterium, il cosiddetto batterio killer che avrebbe provocato la morte di alcuni pazienti in Veneto e Emilia Romagna. Da Lungotevere Ripa hanno sollecitato anche un approfondimento dei dati raccolti a partire dal 2016 dall'Istituto superiore di Sanità, che hanno evidenziato la circolazione del micobatterio anche in Italia. Oltre ad una verifica su Dispovigilance (sistema informativo per la rete nazionale di vigilanza sugli incidenti che coinvolgono dispositivi medici) di eventuali eventi riportati. Sul sito del ministero si legge: "Si è in attesa di ricevere riscontro dalle regioni e il ritardo è probabilmente dovuto al fatto che il lungo periodo di incubazione e la scarsa specificità del quadro clinico rendono complessa e laboriosa l'identificazione di casi possibili che devono, comunque, essere confermati da indagini di laboratorio specifiche, non sempre disponibili per i casi individuati retrospettivamente".

Il Mycobacterium chimaera, comunemente conosciuto come batterio killer, è un batterio identificato per la prima volta nel 2004, diffuso in natura, presente soprattutto nell'acqua potabile e generalmente non pericoloso per la salute umana. Casi invasivi sono stati riscontrati in Europa, e non solo, e sono stati associati all'utilizzo di dispositivi di raffreddamento/riscaldamento (Heater-Cooler Devices, HCD) necessari a regolare la temperatura del sangue in circolazione extra corporea durante interventi cardiochirurgici, per lo più per contaminazione dei pazienti tramite aerosol proveniente dall'acqua delle taniche dei dispositivi. Il periodo di incubazione dopo l'esposizione risulta lungo, con una media di 17 mesi. Non esiste una terapia stabilita e il tasso di mortalità è circa del 50%. Prima del decesso dell'anestesista di Vicenza, il 2 novembre scorso, l'Italia sembrava esclusa dall'emergenza di queste nuove infezioni.

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