In cima la cattolica di Roma: passati al setaccio tutti gli atenei del nostro Paese
Qual è la tassazione universitaria dei medici in formazione specialistica? Dove si paga di più? Le risposte arrivano dal lavoro di FederSpecializzandi durato mesi, un ricco dossier che ha l’obiettivo di rispondere a queste domande e di fare luce sulla grandissima eterogeneità di situazioni in Italia. Gli importi massimi contributivi per singolo ateneo che ogni medico in formazione può essere chiamato a versare, comprensivi di tassa regionale per il diritto allo studio e imposta di bollo, eccezion fatta per i pochi casi in cui sono previste esenzioni, variano in misura considerevole. In cima c'è la Cattolica di Roma con circa 3500 euro.
Nel complesso, 25 atenei su 40 (62,5%) riportano un valore compreso tra 1.000 e 1.999 euro e 13 (32,5%) un valore compreso tra 2.000 e 2.999 euro. Solo due (5%) atenei, l’Università degli Studi di Perugia e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, raggiungono un valore massimo superiore a 3.000 euro, mentre un solo ateneo, l’Università degli Studi di Sassari, si colloca al di sotto dei 1.000 euro. Il valore medio dell’importo massimo possibile corrisponde a 1.874,32 euro, mentre il valore mediano a 1.902 euro. Una particolare menzione meritano le Università degli Studi di Tor Vergata e di Pisa, che applicano un contributo addizionale rispettivamente di 150 e 16 euro solamente per gli iscritti al primo anno di Specializzazione.
Sono stati analizzati regolamenti e bilanci di tutti e 40 gli atenei per dare una panoramica quanto più ampia sull’equità dei meccanismi che regolano e reinvestono le nostre tasse.I dati raccolti sono stati studiati e raccolti in 3 sezioni tematiche: importi e composizione delle tasse universitarie; ISEE e fasce contributive; trasparenza sui bilanci di ateneo. La forbice riferita sia agli importi massimi possibili che agli importi minimi delle tasse tra diversi atenei oscilla in entrambi i casi a circa duemila euro, con modalità di riscossione molto variabili. Considerando l’importo complessivo del contratto di formazione specialistica, tale valore corrisponde a più di una mensilità.
I dati raccolti dimostrano inoltre che, a fronte di una borsa di studio erogata direttamente dal MIUR tramite le università competenti, esiste una enorme variabilità nazionale nell’applicazione della legge 232 del 2016.
Solo 14 atenei su 40 (35%) infatti applicano una contribuzione progressiva secondo regime ISEE, in tutti i casi creata ad hoc per i soli specializzandi nel pieno esercizio dell’autonomia amministrativa. Nella maggioranza di casi (65%) la politica degli atenei è invece quella di determinare una quota omnicomprensiva unica, uguale per tutti gli specializzandi, pagabile in più rate o in alcuni casi detratta direttamente dalla retribuzione mensile.
"Tali decisioni possono essere verosimilmente dettate, come evidenziato nella prima sezione del documento, ad una difficile applicabilità del regime ISEE per gli specializzandi che non possono costituire nucleo familiare autonomo nonostante siano indipendenti sia per motivi economici che geografici", spiega l'analisi dell'Associazione.
"L’altro aspetto rilevante che emerge infine dallo studio è quello relativo alla trasparenza sui bilanci di ateneo, con due focus: uno sul ricavato totale dalle tasse universitarie degli specializzandi e uno sul suo successivo impiego per il funzionamento delle Scuole di Specializzazione mediche - speiga il lungo report -. Per quanto riguarda il primo, anche se i bilanci consuntivi 2017 e i bilanci preventivi 2019 menzionano i ricavi dalle tasse per gli specializzandi rispettivamente nell’85% e nel 73% dei casi, questi risultano essere inclusi in voci di spesa più ampie, comprensive di altri corsi (master e dottorati) o altre specializzazioni non mediche (come quelle legali o di area umanistica) e quindi non analizzabili nel dettaglio".
Sia per i bilanci consuntivi 2017 che per i bilanci preventivi 2019 solo un ateneo fa un riferimento puntuale ai ricavi sulle Scuole di Specializzazione mediche: l’Università degli Studi del Piemonte Orientale.
Ancora più importante è il secondo focus, relativo all’utilizzo delle risorse. Come specificato nell’introduzione, questo report è nato infatti per fare luce, in prima istanza, sulla destinazione delle tasse versate dagli specializzandi.
Ciononostante, una risposta precisa purtroppo non è stata possibile: analizzando i bilanci preventivi per il 2019, è infatti emerso che meno della metà degli atenei riporta dati generici su fondi destinati al funzionamento delle Scuole di Specializzazione, e solamente nel 20% dei casi i dati sono riconducibili esplicitamente alle Scuole mediche. 24
Per i bilanci consuntivi il quadro è ancora più nebuloso, con solo il 10% degli atenei che menzionano tali risorse, in tutti i casi aggregate a quelle per altri corsi (master e dottorati) o per le Specializzazioni non mediche.
È possibile che tramite un’analisi dei documenti pubblicamente disponibili a livello delle singole strutture di ateneo, come facoltà e dipartimenti, si possano recuperare informazioni più precise sulla destinazione delle risorse raccolte e impiegate per le Scuole di Specializzazione, ma un simile livello di dettaglio comporterebbe uno sforzo di ricerca non indifferente, con risultati in ogni caso non garantiti a causa dell’enorme variabilità amministrativa tra le realtà Italiane.
Nel complesso, la scarsa trasparenza relativa alla gestione delle Scuole di Specializzazione è tanto più significativa se si tiene in considerazione l’enorme variabilità nei servizi offerti ai medici in formazione (come mense o abbonamenti a riviste scientifiche). Come è noto, inoltre, l’accessibilità a fondi diretti per la formazione è molto eterogenea e spesso non soddisfacente: alcuni specializzandi, ad esempio, hanno rimborsi per attività congressuali o per periodi in strutture lontane inserite nella rete formativa, altri no. "Questa disomogeneità è iniqua, e occorre intervenire per trovare denominatori comuni", si legge nel documento.
"La scelta della Scuola di Specializzazione da parte dei medici neoabilitati è una fase cruciale nel proprio percorso professionale, già oggi fortemente condizionata dal numero esiguo dei posti disponibili, da fattori geografici e da fattori formativi; a questi non devono sommarsi anche rilevanti fattori economici che rischiano di contraddire, de facto, i valori già menzionati dalla Costituzione della Repubblica Italiana", conclude il testo.
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Sono ormai abbastanza numerosi, anche fra i medici e gli odontoiatri, i casi in cui, al momento della morte del professionista, il diritto alla pensione a superstiti venga attribuito ad un suo nipote, anche in presenza di genitori viventi.
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