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Un laser per la retina potrebbe frenare la maculopatia senile

Oculistica Redazione DottNet | 23/07/2019 19:12

Il laser a 4 anni dalle prime applicazioni ha dimostrato di rallentare di ben 4 volte la progressione della malattia

Un laser che 'ringiovanisce' la retina potrebbe rallentare di ben 4 volte la progressione di una malattia retinica oggi incurabile, la degenerazione maculare senile 'atrofica' o secca, che in Italia colpisce un milione di persone e porta alla cecità.   La speranza arriva dagli ultimissimi risultati dello studio LEAD, a quattro anni dalle prime applicazioni del laser su centinaia di pazienti in diversi paesi del mondo. LEAD è uno studio multicentrico coordinato da esperti australiani con l'obiettivo di verificare l'efficacia del laser 'Ellex 2RT Retinal Rejuvenation Therapy', oggi già in uso clinico per il trattamento dell'edema maculare diabetico, ma ancora non approvato per la maculopatia. Il laser agisce stimolando la rimozione di 'detriti cellulari' che 'intossicano' il centro della retina, la macula, inoltre sembra in grado di ringiovanire una membrana ('membrana di Bruch') retinica la cui permeabilità è fondamentale proprio per regolare lo smaltimento di questi detriti.

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La maculopatia atrofica, spiega in un'intervista all'ANSA Andrea Cusumano dell'Università di Roma Tor Vergata che è tra gli scienziati che partecipano a diversi studi clinici che supportano ulteriormente i risultati dello studio LEAD, costituisce circa l'80% di tutti i casi di maculopatia (4 casi su 5), mentre l'altro 20% è rappresentato da pazienti con maculopatia umida, che si tratta oggi con iniezioni oculari per rallentarne il decorso. Il laser in sperimentazione nello studio LEAD, continua Cusumano, dovrebbe "intercettare" circa il 75% dei pazienti (3 su 4) con maculopatia atrofica e rappresenta ad oggi l'unica terapia in uso (ma solo sperimentale al momento) per ridurre la progressione di questa diffusa malattia  Secondo quanto riferito in una nota dall'azienda che ha sviluppato il dispositivo, il laser a 4 anni dalle prime applicazioni ha dimostrato di rallentare di ben 4 volte la progressione della malattia, evitando un peggioramento e quindi la perdita della visione dei pazienti trattati. "La sperimentazione - conclude Cusumano - continuerà e speriamo che i risultati siano confermati su un campione ancora più numeroso di pazienti e per periodi che vanno anche al di là dei 4 anni attuali di follow up. In ogni caso, per la prima volta, disponiamo di uno strumento che permette di alimentare concretamente la speranza dei pazienti che sono affetti da questa grave malattia oculare che può portare alla perdita della visione centrale e alla perdita della propria indipendenza visiva e funzionale".

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