Aumentando il numero di persone in grado di prestare i soccorsi, ogni anno si potrebbero salvare centinaia di migliaia di vite
Ogni anno 400mila persone in Europa, 60mila in Italia, muoiono per arresto cardiaco improvviso. Il 70% degli episodi avviene in presenza di altre persone che potrebbero iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare, ma ciò accade solo nel 15% dei casi, perché chi è accanto alla vittima non è formato, non sa riconoscere un arresto cardiaco oppure non si sente in grado di intervenire. Aumentando il numero di persone in grado di prestare i soccorsi, ogni anno si potrebbero salvare centinaia di migliaia di vite. Questo il messaggio lanciato in occasione domani del "World Restart A Heart Day" cioè la giornata mondiale di sensibilizzazione sull'arresto cardiaco. L'Italian Resuscitation Council (Irc), associazione senza scopo di lucro, nell'ultimo anno ha organizzato 10.000 corsi BLSD (Basic Life Support/Defibrillation) formando oltre 120.000 persone, ma è importante continuare a sensibilizzare.
Fino al 20 ottobre i volontari di Irc saranno impegnati in dimostrazioni di primo soccorso, aperte al pubblico, in oltre 20 città italiane nell'ambito di "VIVA! la settimana per la rianimazione cardiopolmonare" giunta alla settima edizione. È stato realizzato un manifesto con alcune proposte come l'insegnamento del primo soccorso in tutte le scuole, l'istituzione di un registro degli arresti cardiaci, la realizzazione di un censimento dei defibrillatori semiautomatici. Le proposte sono state presentate in Commissione Affari Sociali alla Camera e molte sono state inserite in un disegno di legge sulla diffusione dei defibrillatori approvato in questo ramo del Parlamento. Delle morti improvvise soprattutto tra i giovani si è parlato anche in un convegno in Senato, organizzato dalle associazioni Abra, Il Cuore di Andrea e la Stella di Lorenzo. È emerso che gli eventi cardiaci improvvisi e le conseguenti morti cardiache improvvise per gran parte sopraggiungono in atleti non agonisti. "Nei giovani riguardano per lo più coloro che praticano calcio - spiega Antonio Pelliccia dell'Istituto di medicina sportiva del Coni - negli adulti ciclismo, maratona e palestra. Gli uomini sono esposti a un rischio maggiore rispetto alle donne".
Lo screening con un elettrocardiogramma è la strada maestra per la prevenzione, tanto che le associazioni ne annunciano 33mila in cinque anni sui ragazzi in Sicilia. Ma come sottolinea la professoressa Silvia Priori, cardiologa, "un alto livello di protezione si ha con una società pronta a identificare un arresto cardiaco, chiamare tempestivamente il 118. Ogni minuto dal momento del collasso si perde il 10% della probabilità di recuperare, occorre migliorare in cultura e tempestività". "Lo screening è una strategia efficace ma incompleta - conclude Pelliccia - perché non tutti casi di problemi cardiaci vengono rilevati. In questi casi diventa molto importante pensare di avere un defibrillatore portatile o semi automatico sul campo di gara in una manifestazione sportiva. Defibrillatore e screening sono due braccia della stessa strategia che serve a ridurre le morti per arresti cardiaci e morte cardiaca improvvisa nei giovani, ma forse ancora di più in adulti e anziani. La legge Balduzzi sull'obbligo dei defibrillatori nello sport serve a questo, il termine implementazione è arrivato e la maggior parte delle strutture ha un defibrillatore. Altre se ne doteranno e questo comporta necessità di formazione".
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