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Gaslini, bambini immuno-depressi non a rischio Covid

Nefrologia Redazione DottNet | 23/07/2020 19:46

"Lo studio permette di concludere che durante il periodo covid è possibile usare immunodepressioni importanti, massicce, senza aumentare il rischio di contrarre il coronavirus"

 L'equipe nefrologica dell'Ist. Giannina Gaslini di Genova dimostra per la prima volta a livello internazionale che bambini immunodepressi per trattamento cronico di malattia renale severa non hanno un rischio aumentato di contrarre Covid-19. Lo rende noto lo stesso Gaslini. "Un effetto collaterale della pandemia è l'aver ridotto le cure dei pazienti con malattia immunologica e autoimmune, nella convinzione che le stesse aumentassero rischio e severità dell' infezione - spiega Gian Marco Ghiggeri direttore dell'unità di Nefrologia del Gaslini -. Si calcola che circa 1 mln di persone nel mondo siano a rischio di sotto-trattamento e riaccensione della malattia da cui sono affetti. La convinzione, non provata ma diffusa fra gli specialisti del settore rischia di produrre danni in termini di salute quasi paragonabili all'infezione da Covid".

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Il Gaslini fin dall'inizio della pandemia ha creato due osservatori su pazienti italiani, pubblicati su riviste delle Società Americane di Nefrologia e Trapianto e in particolare su Cjasn. Sono stati selezionati' (tutti i bambini trattati negli ultimi 3 anni) 300 bambini e giovani adulti dei quali 159 trattati con anticorpi anti-CD20 per sindrome nefrosica dipendente ai farmaci e 160 con trapianto renale trattati con immunodepressione standard per prevenire il rigetto. "In nessun caso - scrivono gli specialisti del Gaslini -, e pur avendo avuto 7 pazienti che avevano convissuto con famigliari affetti da Covid , si è potuto diagnosticare la malattia dimostrando la sostanziale resistenza al Covid -19, pur in presenza di importante immunodepressione". "Lo studio permette di concludere che durante il periodo covid è possibile usare immunodepressioni importanti, massicce, senza aumentare il rischio di contrarre il coronavirus - conclude Ghiggeri -, si può ipotizzare che abbiano addirittura un ruolo protettivo. Tale dimostrazione, definita dalla stampa scientifica internazionale come eccellente, cambierà il destino terapeutico di molti pazienti che riprenderanno un adeguato trattamento, come la severità delle malattie di base richiede"

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