Studio Usa: possono essere utilizzati per trapianto su ricevente sano con uso antivirali
I reni di donatori deceduti con infezione da virus dell'epatite C possono essere trapiantati in sicurezza in riceventi non infetti se viene avviato già due giorni dopo il trapianto un regime di terapie antivirali ad azione diretta. Lo rileva uno studio del Massachusetts General Hospital pubblicato sul Journal of the American Society of Nephrology. Quasi 95mila persone, guardando solo agli Stati Uniti, sono in attesa di trapianto di rene e la maggior parte soffre di un progressivo deterioramento della salute. Negli Usa e'stato fissato l'obiettivo di raddoppiare il numero di reni disponibili per il trapianto entro il 2030 nell'ambito della Advancing American Kidney Health Initiative. Un percorso verso questo obiettivo è la riduzione dello scarto di reni umani vitali che ora si verifica, in particolare da individui deceduti con infezione da virus dell'epatite C.
Il numero di questi organi è aumentato vertiginosamente negli ultimi cinque anni a causa del crescente numero di morti per problematiche legate all'abuso di oppiodi.Lo studio, denominato Mythic (Multi-Center Study to Transplant Hepatitis-C Infected Kidneys),è stato condotto in collaborazione con l'Universita' della Pennsylvania. A ciascuno dei 30 destinatari del rene dello studio in sette centri trapianti statunitensi è stata somministrato un corso di otto settimane di una coformulazione di glecaprevir e pibrentasvir, potenti agenti antivirali. Un paziente è deceduto per complicazioni di sepsi ritenute non correlate alla partecipazione allo studio, ma in nessuno sono stati osservati effetti collaterali gravi o malattie epatiche e la funzionalità dell'allotrapianto a sei mesi è stata eccellente. "Molti dei pazienti- osserva Raymond Chung, autore senior dello studio- hanno mostrato una piccola quantità di virus nel sangue subito dopo il trapianto, ma quella carica virale è diventata non rilevabile o non quantificabile in tutti i riceventi di reni con virus HCV entro quattro settimane di trattamento".
fonte: Journal of the American Society of Nephrology
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