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Tar, no all'assistenza domiciliare ai malati di Covid da parte dei medici di famiglia

Medicina Generale Redazione DottNet | 16/11/2020 20:43

La sentenza dopo un ricorso dello Smi. Anelli: "L'assistenza domiciliare è compito delle Unità speciali Usca; se queste non ci sono o sono insufficienti, è un'inadempienza delle Regioni"

L'assistenza domiciliare ai malati Covid da parte dei medici di famiglia "risulta in contrasto con la normativa emergenziale". Lo ha stabilito il Tar del Lazio (clicca qui per leggere la sentenza) che così ha parzialmente accolto un ricorso proposto dal Sindacato dei Medici Italiani contro alcuni provvedimenti della Regione Lazio. Il Tribunale amministrativo spiega che "Per effetto delle decisioni regionali i Medici di Medicina Generale risultano investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, che per legge dovrebbe spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca)". Le Usca sono le equipe mediche istituite dalle aziende sanitarie locali appositamente per le visite a domicilio. Per il Tar i medici verrebbero "pericolosamente distratti dal compito di prestare l’assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi".

Lo Smi aveva contestato anche il passaggio dell’ordinanza regionale del 17 marzo scorso in cui si prescrive di valutare l’eventuale attivazione delle Usca nei pazienti COVID positivi perché "contempla come meramente eventuale l’intervento di assistenza domiciliare. Ma tale tipologia di intervento dovrebbe costituire, non una semplice `eventualità´, bensì il precipuo ed esclusivo obiettivo delle Usca". Valutando queste e altre considerazioni, il Tar ha ritenuto il ricorso fondato. "Hanno ragione i ricorrenti - affermano i giudici - quando dicono che il legislatore d’urgenza ha inteso prevedere che i medici di famiglia potessero proseguire nell’attività assistenziale ordinaria, senza doversi occupare dell’assistenza domiciliare dei pazienti Covid". "Pertanto l’affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid risulta in contrasto con quelle disposizioni".

"Siamo stati privati per mesi delle unità assistenziali USCA, con una gestione illegittima e contraria alle norme che ha esposto i medici di famiglia ad un caos, senza una regola sulla domiciliarità, limitando le attività delle USCA ad effettuare tamponi in giro nel territorio del Lazio". Così Cristina Patrizi, Responsabile Regionale Area Convenzionata del Sindacato Medici Italiani (Smi) del Lazio commenta la sentenza del Tar Lazio che accoglie il ricorso dello SMI sui compiti delle USCA.  "Incaricare i medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid - rileva in una nota - risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Infatti, per effetto delle disposizioni regionali della Regione Lazio i medici di medicina generale risultavano investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, che per legge dovrebbe spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale Usca".

"Siamo soddisfatti - prosegue - del grande riconoscimento delle nostre rivendicazioni a tutela dei medici di medicina generale del Lazio e dei cittadini di questa regione, per le quali questa miope gestione regionale, con un Coordinamento Usca assolutamente autoreferenziale e mai concordato con la categoria medica, ha danneggiato la concreta realizzazione della presa in carico domiciliare dei pazienti Covid e sospetti Covid. Si era addirittura legiferato finanche di effettuare visite domiciliari da affidare ai medici". Ora, è l'appello dello Smi, "si convochino subito le parti per concertare atti e organizzare finalmente la rete territoriale di emergenza covid. I medici di famiglia sono stanchi di vedersi affidare compiti inutili e impropri come i tanto sbandierati tamponi antigenici e necessitano di concreto sostegno per la gravosa gestione domiciliare dei pazienti Covid e sospetti Covid e di voltare pagina".

"Bene la pronuncia del Tar per cui l'affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid risulta in contrasto con la normativa emergenziale. Il Tar ribadisce ciò che la legge già prevede: l'assistenza domiciliare è compito delle Unità speciali Usca; se queste non ci sono o sono insufficienti, è un'inadempienza delle Regioni", afferma il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. Lo scorso marzo, con il decreto n.14, ha spiegato Anelli, "la norma ha stabilito che 'al fine di consentire ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta di garantire l'attività assistenziale ordinaria, le Regioni istituiscono le unità assistenziali Usca , una ogni 50mila abitanti, per la gestione dei pazienti Covid'". Dunque, "in base alla legge - rileva Anelli - i medici di base non devono fare le visite domiciliari ai pazienti Covid, ma ne effettuano il monitoraggio via telefonica o telematica. I medici di base non sono infatti attrezzati per effettuare le visite domiciliari a questi pazienti, compito che spetta appunto alle Usca". Questa, conclude, "è la legge e se le Regioni non l'hanno applicata, perchè le Usca non ci sono o sono insufficienti, sono in difetto le Regioni. Se non si sono previste le Usca si è violata la legge".

Intanto la Regione Lazio annuncia ricorso. “Proporremo ricorso urgente al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio che è in contraddizione con le funzioni che il nuovo ACN assegna ai medici di medicina generale (MMG), tant’è che di recente è stato siglato l’accordo nazionale, non dalla sigla che ha proposto il ricorso, che permettere loro di eseguire i tamponi rapidi, dove necessario anche a domicilio. La sentenza del Tar, che rispettiamo, non tiene conto di un quadro di forte evoluzione del ruolo dei medici di medicina generale nel contrasto alla pandemia ed arriva dopo 8 mesi dalle modalità organizzative messe in atto che finora hanno consentito di essere nella cosiddetta zona ‘gialla’”. Comunica l’Unità di Crisi COVID-19 della Regione Lazio.
 
“Nel Lazio – precisa la nota - vi sono oltre 60 mila persone in isolamento domiciliare ed è tecnicamente impossibile gestirle unicamente con le USCA-R. E’ innanzitutto compito della medicina territoriale farsi carico, con i dovuti mezzi di protezione e la dovuta formazione, di questi pazienti che molte volte non sono affetti unicamente da COVID, ma anche da altre patologie croniche. Pertanto l’assunto del Tar per cui gli MMG dovrebbero occuparsi soltanto dell’assistenza ordinaria domiciliare (non COVID) è tecnicamente impossibile in una visione olistica del paziente, vorrebbe dire che un anziano iperteso diabetico e con il COVID può avere un’assistenza domiciliare dell’MMG solo per le patologie croniche anziché per l’intero quadro clinico. Proprio in questi giorni, attraverso il Commissario nazionale per l’emergenza, si stanno distribuendo a tutti i medici i kit per i tamponi rapidi antigenici, da fare nei loro studi, o presso locali messi a disposizione dalle Asl e dei Comuni e lì dove necessario anche a domicilio ed è per questo che la Regione Lazio ha disciplinato su base volontaria e nell’ambito delle prerogative attribuite dalla legge questa modalità. Ora c’è un rischio di un danno grave e irreparabile alla rete dell’assistenza territoriale nel contrasto alla pandemia”.

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