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Aifa, antibiotici usati a sproposito nel 25% delle condizioni

Aifa Redazione DottNet | 29/12/2020 13:59

Nel 2019 21,4 dosi di antibiotici per 1000 abitanti. Magrini, cattivo uso e sovrautilizzo del farmaco

Nonostante un generale miglioramento rispetto all'anno precedente, le prescrizioni non appropriate di antibiotici superano ancora il 25% in quasi tutte le condizioni cliniche, come influenza, raffreddore, faringite e tonsillite, ed il fenomeno è maggiore nelle regioni del Sud. E' quanto emerge dall'analisi delle prescrizioni effettuate dai medici di medicina generale, contenuta nel Rapporto Nazionale Osmed 2019 sull'Uso degli antibiotici in Italia (clicca qui per scaricare il documento completo), presentato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). A livello non ospedaliero, il consumo di antibiotici varia in modo significativo dalla stagione invernale a quella estiva: si passa da un consumo di 10,1 per mille abitanti di agosto a un massimo di 22,4 nel mese di gennaio e proprio l'aumento significativo in coincidenza dell'epidemia di influenza, che in quanto di origine virale non richiede in genere l'uso di antibiotici, è una delle spie dell'inappropriatezza. A pesare è poi il fattore geografico: c'è infatti un maggior consumo al Sud e nelle Isole (19,6 dosi per mille abitanti) e al Centro (16,8), rispetto al Nord (12,4). "I dati confermano - scrive Aifa - che, al di là della possibile incidenza di malattie infettive, esistono altri fattori che causano un uso non sempre appropriato". È generalmente inappropriato, ad esempio, l'uso di qualunque antibiotico a seguito di una diagnosi di influenza, raffreddore comune o laringotracheite acuta; l'impiego di fluorochinoloni e cefalosporine per faringite e tonsillite acuta, oppure nella cistite l'uso in prima linea di fluorochinoloni.

Durante la pandemia Covid, "c'è stato sovrautilizzo di antibiotici e un chiaro cattivo uso per far fronte a un'epidemia che ci ha preso di sorpresa". Così il Dg dell'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), Nicola Magrini, durante la presentazione del Rapporto.  "A livello europeo la posizione italiana - ha detto - è nella fascia dei Paesi peggiori per quanto riguarda la resistenza a livello ospedaliero e nelle terapie intensive, e abbiamo un utilizzo medio alto di questi farmaci. Negli ultimi anni abbiamo visto un modesto calo, ma l'uso va profondamente rivisto".  "Ci sono emergenze - ha proseguito Magrini - che arrivano d'un tratto come i terremoti e altre che sono come l'acqua alta e che salgono pian piano.  L'antibioticoresistenza è come l'acqua alta ed è un problema globale condiviso dalla totalità dei Paesi". Per avere un impatto, ha proseguito il Dg Aifa, "occorrono drastiche riduzioni dell'uso di antibiotici, non del 3-4%, ma drammatiche riduzioni, non facili da realizzare da un anno all'altro".    È un fenomeno di cui si ha consapevolezza da un paio di decenni ma che "conosciamo forse da quando gli antibiotici sono stati scoperti e hanno manifestato il problema della creazione di resistenza al loro effetto". Il problema del mal uso di antibiotici riguarda l'utilizzo nel settore umano e veterinario ma "anche in agricoltura è pervasivo". E, ha concluso Magrini, "mi auguro sia all'attenzione del G20 che l'Italia ospiterà il prossimo anno".

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La pandemia ha portato a un calo del consumo di antibiotici in Italia, tranne quelli appartenenti alla classe dei macrolidi, di cui fa parte anche l'azitromicina, usata per pazienti Covid, che segna un vero e proprio boom con +160%, si legge nel rapporto Aifa.   Il consumo di antibiotici acquistati in farmacia nel primo semestre 2020 è stato pari a 13,2 dosi ogni mille abitanti, in riduzione del 26,3% rispetto allo stesso periodo del 2019. Per quanto riguarda gli acquisti diretti da parte di asl o ospedali si rileva una lieve riduzione dell'1,3%, con ampie differenze tra regioni. Solo il mese di marzo 2020 segna un picco degli acquisti di antibiotici, con un valore raddoppiato rispetto al 2019. In particolare, a aumentare è quello dei macrolidi, con il +77% rispetto al 2019 e, tra questi, l'azitromicina fa registrare un aumento del 160%.

Complessivamente nel 2019 il consumo totale di antibiotici è stato di 21,4 dosi ogni mille abitanti e il consumo maggiore è nei bambini negli over 75 e nelle donne di mezza età, come riporta il documento Aifa.    Gli antibiotici, ricorda Aifa, sono "i farmaci più prescritti nella popolazione pediatrica". In particolare, il 40,9% dei bambini tra 0 e 13 anni ha ricevuto almeno una prescrizione nel corso del 2019 e ad assumerne di più sono quelli tra 2 e 6 anni, "in parte a causa dell'elevata incidenza delle malattie infettive in questa fascia d'età" ma anche "per le pressioni da parte dei genitori". Per le donne l'utilizzo è legato al trattamento delle infezioni delle vie urinarie, mentre per gli uomini over 75 è spesso collegato a sovrainfezioni batteriche nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Nel 2019 il 73% delle dosi consumate sono state acquistate in farmacie a carico del Servizio Sanitario Nazionale, l'8,9% erogate dalle strutture sanitarie e l'18,2% comprate dal cittadino a proprie spese. Nove prescrizioni di antibiotici su dieci a carico del Servizio sanitario Nazionale è stata fatta dai medici di Medicina Generale e dai pediatri di libera scelta ed è su di loro che "è importante agire per migliorarne l'appropriatezza prescrittiva", si legge.  Dal 2016 al 2019 la riduzione dei consumi di questi medicinali in regime di assistenza convenzionata è stata del -5,8%, anche se ancora lontana dall'obiettivo del Piano Nazionale di Contrasto dell'Antimicrobico-resistenza, che prevede una riduzione di oltre il 10% nel 2020 rispetto al 2016.  Rispetto agli altri Paesi Europei, il consumo territoriale nel 2019 si è mantenuto superiore rispetto alla media europea, mentre quello ospedaliero è allineato.

 "Per anni l'argomento delle resistenze agli antibiotici è stato trascurato. Abbiamo aspettato fino al 2016 prima che gli organismi internazionali se ne occupassero in modo deciso, con l'allarme dell'Onu". Così Gianni Rezza, direttore Generale della Prevenzione presso il Ministero della Salute, durante la presentazione del Rapporto Nazionale Osmed.  Nel 2017 esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dei Centri Europei per il controllo delle malattie (Ecdc), ha ricordato, effettuarono una visita nel nostro Paese per monitorare il problema delle infezioni ospedaliere. "Ne scaturì una tabella con punteggi negativi su tutto il fronte, dai vertici dai vertici alla base. Da lì nasce il Piano Nazionale contro l'antibiotico resistenza". Da allora è "aumentata la presa di coscienza, Aifa ha lavorato con campagne di sensibilizzazione per ridurre l'uso inappropriato di antibiotici".

Inoltre, c'è stato "un miglioramento della sorveglianza integrata a livello nazionale, curata dall'Istituto Superiore di Sanità". Ma, nonostante tutto questo lavoro, ancora abbiamo un "grosso problema con i germi gram negativi", ha ricordato Rezza. "La Klebsiella che ha invaso i reparti ospedalieri dove si trovano i pazienti più fragili: abbiamo la maglia nera per la resistenza di questo patogeno e siamo stati attenzionati da organismi internazionali". Per quanto riguarda la resistenza ai carbapenemi "stiamo messi male anche se abbiamo visto negli ultimi anni una piccola inversione del trend". Tra i batteri che preoccupano di più vi è infine, l'Acineto bacter, "patogeno che nelle terapie intensive ha percentuali di resistenze spaventose, intorno al 70%". Ci sono "fattori strutturali che facilitano la diffusione di batteri resistenti", ha concluso, e tra questi vi è "la scarsità del personale sanitario nei reparti di terapia intensiva, che impone di correre da un paziente all'altro senza riuscire ad avere il tempo per igienizzare correttamente le mani".

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