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Per ora niente lockdown: ma è scontro tra scienziati. Vaia, è inutile

Sanità pubblica Redazione DottNet | 15/02/2021 21:16

"Voglio dire un no netto e chiaro all'utilizzo delle varianti come 'clava politica'. La scienza sia sempre libera da interessi economici e politici"

L'allarme c'è ed è serio, ma per il momento no a un nuovo lockdown generalizzato. Piuttosto, in caso di una particolare circolazione di varianti nel Covid su un territorio si agirà tempestivamente con zone rosse su base sub-regionale. 
 
Questo uno dei principali orientamenti emersi a seguito della riunione di questa sera tra Governo, Regioni e Cts. L'incontro è servito principalmente a fare il punto sulla presenza sempre più importante della cosiddetta variante inglese sul territorio. Questa raddoppia ogni settimana e, come già anticipato la scorsa settimana dal presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, potrebbe diventare quella predominante nel giro di 5-6 settimane. Il rischio palesato dagli esperti è quello di un raddoppio dei casi entro un mese. Da qui a marzo si potrebbe tornare a quota 20.000 contagiati al giorno.
 
Una particolare attenzione è stata poi dedicata alla scuola. Nel Governo c'è 'spaccatura' su un'apertura generalizzata. La variante e inglese ha dimostrato di poter colpire anche i più piccoli. Da qui l'indicazione di un attento monitoraggio nelle prossime settimane per intervenire, laddove si ritenga necessario, anche con un'interruzione generalizzata della didattica. Infine, da parte delle Regioni è stata chiesta una maggiore collegialità nella comuncazione, evitando polemiche a mezzo stampa e fughe in avanti che potrebbero alimentare tensioni e dsorientare ulteriormente la cittadinanza.

Ieri Walter Ricciardi aveva lanciato l'allarme: occorrono altre chiusure. Al suo appello si era aggiunto quello del Cts (comitato tecnico-scientifico): Nel contesto italiano, in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguata”,  sottolinea l’Istituto superiore di sanità nello studio di prevalenza della variante VOC 202012/01 (Regno Unito) in Italia relativo alla indagine svolta lo scorso 4-5 febbraio. In linea con Ricciardi Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova, che in realtà già a dicembre caldeggiava per misure molto più rigide di quelle adottate.

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“Il 20% dei contagiati presenta la variante inglese e la percentuale è destinata ad aumentare. Bisognava fare il lockdown a dicembre, prevenendo tutto questo, mentre ora siamo nei guai. Serve un lockdown duro subito per evitare che la variante inglese diventi prevalente e per impedire che abbia effetti devastanti come in Inghilterra, Portogallo e Israele. E neanche zone arancioni, va chiuso tutto e va lanciato un programma nazionale di monitoraggio delle varianti”ha affermato Crisanti. Per Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano, un lockdown totale subito, come suggerito da Walter Ricciardi, servirebbe “da un punto di vista scientifico”, ma è difficilmente applicabile sotto il profilo politico e della rivolta sociale che causerebbe. Credo però che un lockdown totale sia difficile da proporre dal punto di vista dell’opportunità politica e del disagio e della ribellione sociale che si rischierebbe”. Per l’esperto, meglio tentare prima una via “più accettabile”, provare a “rivedere i parametri” su cui far partire le chiusure. “Le persone – ammette Pregliasco, parlando con l’Adnkronos Salute – sono provate dalla lunga maratona” di chiusure a zone e aperture a scatti, “a cui il virus ha costretto tutti noi.

Sul fronte opposto c'è il direttore sanitario dell'Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia (nella foto): "Il nostro laboratorio sta lavorando sulle varianti" di Sars-CoV-2, "che sono un problema che deve destare attenzione, ma non panico. Siamo contrari che si creino delle psicosi di massa". "A settembre - ha ricordato - la variante spagnola ha determinato un aumento dei contagi nelle fasce giovanili e il messaggio era ai ragazzi di fare attenzione perché potevano essere dei vettori per gli anziani". Quanto all'ipotesi di un nuovo lockdown totale, per Vaia "non si tratta di aggravare le misure" anti-Covid, "ma applicare con severità le misure che abbiamo. Un lockdown severo non serve, ma occorrono chiusure chirurgiche". "Voglio dire un no netto e chiaro all'utilizzo delle varianti come 'clava politica'. La scienza sia sempre libera da interessi economici e politici", ha scritto poi Vaia in un post su Facebook.  

Tra i contrari a qualunque lockdown ci sono due scienziati Jay Bhattacharya, bengalese, e  Martin Kulldorff, svedese che ieri hanno affermato che il lockdown non serve a nulla. E infatti ciò che unisce i due scienziati è la loro ostilità verso ‘l’attuale politica anti Covid’. ‘Questa politica viola ogni singolo valore che ho a cuore – dice Bhattacharya – Attribuisco grande importanza alla protezione dei vulnerabili e dei poveri dalla morte e dalla sofferenza evitabile. Questi lockdown hanno fallito nel loro obiettivo dato che hanno causato un enorme collasso economico e messo a rischio la vita di 130 milioni di poveri che rischiano di morire di fame’. Bhattacharya dà grande importanza alle norme della medicina etica che proibiscono di fare del male ai pazienti. La politica del lockdown infligge dei danni psicologici a bambini e adulti per i quali ‘i rischi clinici e psicologici derivanti dal lockdown sono più gravi di quelli derivanti dal Covid’. Kulldorff sostiene che il lockdown sia ‘il peggiore attacco alla working class dai tempi della segregazione e della guerra in Vietnam’. Le politiche attuali proteggono gli studenti universitari e i professionisti, che possono lavorare da casa senza problemi. Al contrario, i lavoratori poco qualificati – tra cui molti ultra sessantenni – sono costretti a uscire. Quindi la working class sta costruendo l’immunità di gregge che prima o poi proteggerà tutti noi”.

Kulldorff sostiene che le attuali restrizioni violano due principi cardine della medicina. Innanzitutto, bisogna guardare agli effetti collaterali del lockdown, tra cui una minore prevenzioni di alcune malattie cardiovascolari e del cancro. Il secondo principio è che “non puoi solamente guardare al breve termine”, dice Kulldorff. Gli sforzi contro il Covid faranno tornare altre malattie debellate come la pertosse o la poliomielite, dato che sono cessate le campagne per la vaccinazione. L’intervista si conclude affrontando il tema dell’immunità di gregge, che secondo Kulldorff è “la parola più fraintesa del 2020”. Chiunque usa questo termine viene accusato “di un omicidio di massa”, scherza lo scienziato. Tuttavia, ogni epidemia finisce con il raggiungimento dell’immunità di gregge. “Da epidemiologo – dice Kulldorff – è molto strano affrontare questo discorso. I fisici non discutono se sia giusto o meno credere nella forza di gravità.

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