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In aumento i casi Covid fra gli anziani. Pregliasco, temiamo un nuovo colpo di coda

Infettivologia Redazione DottNet | 22/10/2021 14:08

Per il terzo richiamo potrebbe diventare necessario programmare il tutto tra la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo

E' in lieve risalita e pari a 34 casi per 100.000 abitanti l'incidenza settimanale dei casi di Covid a livello nazionale calcolata a ieri (periodo di riferimento 15/10/2021 -21/10/2021), rispetto al valore di 29 per 100.000 abitanti della scorsa settimana. Lo rileva la tabella di accompagno del monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute. Il valore nazionale di 34 si trova sotto la soglia settimanale di 50 casi ogni 100.000 che consente il controllo della trasmissioni con il tracciamento.

L'incidenza dei casi di Covid-19 è aumentata questa settimana in 17 Regioni e Province autonome rispetto ai valori registrati nella settimana precedente. E' quanto emerge dalla tabella di accompagno al monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute. Le Regioni con l'incidenza più elevata sono Provincia autonoma di Bolzano (85,6), Friuli Venezia Giulia (51,7) e Veneto (48,3). Le Regioni dove, al contrario, si è registrata una diminuzione dell'incidenza rispetto alla scorsa settimana sono: Basilicata (da 22,3 a 18,4), Calabria (da 43 a 36,7), Sardegna (da 13,3 a 7,9) e Sicilia (da 43,0 a 38,3). Si registra un lieve aumento dell'Rt nazionale. L'indice di trasmissibilità nel periodo 29 settembre - 12 ottobre 2021 è stato pari a 0,86 (range 0,82 - 0,90), in leggero aumento rispetto alla settimana precedente quando si registrava il valore di 0,85, e gia' in leggera crescita rispetto alla settimana ancora precedente che aveva visto l'indice a 0,83. I dati sono ora all'esame della cabina di regia.

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 Tra gli over 80 sta già salendo la percentuale di contagi tra i vaccinati ad oltre 180 giorni dal richiamo. Lo stesso sta avvenendo, anche se in maniera più lieve, tra chi ha tra i 60 e i 79 anni. Tra i 40-59enni e gli under 40 la curva è invece stazionaria: non c’è alcuna impennata. Ciò segnala come, al momento, non ci sia bisogno di una terza dose generalizzata. Non ci sono «evidenze scientifiche» per contemplarla. Questi andamenti però sono soggetti a una naturale evoluzione. E quello che vale oggi potrebbe non valere tra qualche mese. Per gli under 60 c’è da considerare che il completamento del ciclo vaccinale è avvenuto — per la priorità assegnata ad altre categorie — solo a partire dalla metà di luglio. Dunque questi andamenti andranno valutati da gennaio quando è presumibile che si possa verificare una leggera risalita dei contagi anche tra i più giovani già vaccinati. Non risultano invece contemplati i soggetti under 60 con co-morbidità che avevano una corsia preferenziale nella prima fase. Tra loro chi ha patologie respiratorie, cardiocircolatorie, neurologiche. Molti di loro hanno avuto le due dosi tra maggio e giugno, quindi rischiano di essere «scoperti» in anticipo rispetto a tutti gli altri.

Speriamo sia solo un’ondulazione ma temo che sia quanto dicevamo in tanti in questi giorni, e cioè la possibilità purtroppo che ci sia un colpo di coda del virus facilitato dalle aperture e da momenti di nuova normalità che però portano con sé un maggior numero di contatti e più occasioni per il virus di infettarci”, spiegaì Fabrizio Pregliasco virologo all’Università di Milano, su Rai Radio1 commentando il monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità-ministero della salute. “L’Italia rispetto al Regno Unito ha scelto una soluzione e un approccio più prudente che ad oggi ci sta tenendo più tranquilli, però si vede comunque anche in Italia questo incremento - aggiunge Pregliasco -. Quindi la paura è che, anche con un peggioramento delle condizioni meteorologiche, si arrivi a ciò che si vede in Inghilterra. Speriamo con meno intensità, proprio perché loro hanno iniziato in modo molto temerario da luglio scorso a togliere tutte le restrizioni. In questo momento tra l’altro in Inghilterra è anche più freddo, quindi è un po’ come lo scenario che noi potremmo andare a vedere nel prossimo futuro. Io spero che in Inghilterra venga attuata qualche iniziativa di restrizione”.

Quello che però occorre rilevare è lo scostamento temporale necessario tra le misure di salute pubblica, come lo sarebbe l’estensione generalizzata della terza dose a tutta la popolazione, e l’andamento della curva epidemiologica. Fonti del ministero della Salute rilevano che il «booster», il richiamo per tutti, potrebbe essere deciso in «chiave preventiva». Il ragionamento è semplice: occorre sterilizzare in anticipo una possibile recrudescenza della pandemia nei mesi invernali, seppur probabilmente meno impattante sul sistema sanitario perché due dosi di vaccino proteggono in maniera efficace da ospedalizzazioni e decessi anche oltre i sei mesi canonici. Per raggiungere questo obiettivo potrebbe diventare necessario programmare il tutto per tempo tra la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo.

La decisione però porta con sé considerazioni di carattere organizzativo e politico. La fase emergenziale dovrebbe chiudersi, al netto di una possibile proroga, il 31 dicembre. Oltre quella data dovrebbe tornare la gestione ordinaria e con sé la fine del periodo commissariale con cui il generale Francesco Figliuolo (e prima di lui Domenico Arcuri) ha calibrato la campagna vaccinale. A quel punto come si dovrebbe eventualmente strutturare una campagna di terze dosi che coinvolgerà oltre 45 milioni di persone? Il modello della logistica militare ha funzionato grazie al sistema degli hub e alla capillarità degli approvvigionamenti garantiti senza soluzione di continuità. Saranno coinvolti solo i medici di base nonostante le carenze della medicina territoriale? Filtra negli ambienti governativi l’ipotesi che la struttura commissariale possa confluire in una nuova autorità nazionale di coordinamento alle dipendenze di Palazzo Chigi. Sarebbe la propaggine nazionale di Hera, la neonata agenzia europea per la risposta alle emergenze sanitarie.

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