Convegno a Milano con Andrea Mandelli e Maria Emilia De Biasi
Il farmacista di comunità come “front office e attore del processo di cura”. Se n'è parlato a Milano con il Senatore Andrea Mandelli, anche nella veste di vicepresidente della Commissione Bilancio, in occasione del convegno organizzato dall’Associazione MI’mpegno, Al centro dell'attenzione la riforma del sistema sanitario lombardo dove la base per ottenere le modalità di trattamento adeguate per ciascuna classe di patologie (acute, subacute, croniche) è l’integrazione delle diverse istanze: ospedale, servizi ambulatoriali territoriali, medicina generale - nell’ASST (azienda sociosanitaria territoriale) ponendo le premesse di una reale continuità dell’assistenza attraverso i diversi livelli.
In questo modo il cittadino non avrebbe di fronte a se presidi isolati ma una rete di entità che comunicano tra loro e hanno come fine quello di costruire il suo percorso di cura, la cui responsabilità sarebbe affidata a un gestore. “Una riforma - ha detto la presidente della Commissione Sanità del Senato, Emilia De Biasi - per molti aspetti divergente dalle linee previste dal Patto della Salute, che il Ministero ha approvato a titolo sperimentale e che dovrà attraversare fasi di verifica”, facendo presenti le difficoltà a livello nazionale che tutta la sanità sta subendo ma anche la necessità di salvaguardare innanzitutto il carattere universalistico del Servizio Sanitario Nazionale.
Le difficoltà dovute al finanziamento del Fondo sanitario costantemente inferiore alle necessità sono state sottolineate dal Senatore Andrea Mandelli, che però ha insistito sul carattere innovativo dello schema lombardo e sulle possibilità di evoluzione che offre. “A mio avviso, un punto è critico per il successo della riforma” ha detto. “Riuscire a ottenere una reale integrazione di tutte le istanze presenti sul territorio. Medico di medicina generale, infermiere e farmacista devono essere messi in condizione di collaborare nel modo più diretto possibile. Insisto sul farmacista di comunità perché ritengo che in un sistema che mira a portare il servizio al cittadino e non viceversa, il farmacista nella farmacia di comunità rappresenti un presidio imprescindibile: come front office, certamente, ma anche come attore del processo di cura”.
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