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Microchip nei camici dei medici: Ci spiano, è polemica in Liguria

Sanità pubblica Redazione DottNet | 30/07/2017 19:16

L'assessore alla Sanità: "Già in altre 6 regioni viene seguita la stessa procedura, ma non c'è nessun controllo"

I 22 mila dipendenti della sanità ligure hanno un microchip elettronico inserito tra le cuciture dell'abbigliamento da lavoro. Il sindacalista Tullio Rossi, che lo ha scoperto nel suo camice, denunciando il caso, sostiene che sia un modo illegale per controllare i dipendenti e una violazione della privacy. Per le Asl è solo un modo per controllare gli indumenti. L'assessore regionale alla Sanità Sonia Viale, sottolinea che i camici con il microchip sono già in uso in altre sei regioni e Walter Locatelli, il commissario dell'Agenzia ligure per la sanità che ha promosso il bando per il noleggio di indumenti e biancheria questo sistema aumenta la sicurezza e riduce gli sprechi.

Ma Cgil, M5s e Pd chiedono chiarimenti e parlano di violazione della privacy. Rossi, che è in servizio come portiere all'ospedale Galliera, insieme ai colleghi ha scritto una lettera alle Asl dicendo che il personale "è turbato per aver appreso casualmente della presenza di questo insolito oggetto identificativo". Per le Asl il microchip non è uno strumento di controllo. "Permette, una volta lavato il camice, che torni al proprietario, evitando che possa finire ad altri", spiega il direttore della Asl 3 genovese Luigi Bottaro. Giovanni La Valle, direttore sanitario dell'ospedale San Martino di Genova, il più grande della Liguria, spiega: "E' stato introdotto per evitare di perdere gli indumenti e controllare che i lavaggi siano avvenuti".

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I camici con microchip fanno parte di un appalto da 66 milioni per il lavaggio di tutti gli indumenti da lavoro degli ospedalieri. La gara, per la durata di 48 mesi, è stata vinta dalla ServiziItalia di Parma. "Questo sistema è già diffuso in Lazio, Emilia, Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana - spiega l'assessore regionale alla Sanità Sonia Viale - Il capitolato della gara per la fornitura a noleggio di biancheria (lenzuola, camici, divise) è chiarissimo: l'obiettivo del microchip è garantire un efficientamento del sistema per evitare sprechi e 'dimenticanze' dei camici al di fuori degli ospedali, assicurando una corretta contabilizzazione dei materiali forniti, una maggiore sicurezza rispetto alle norme igieniche, una maggiore qualità dei tessuti".

"Ma data la delicatezza della materia, al di là della precisione delle finalità descritte chiaramente nel capitolato, ho comunque disposto approfondimenti, a garanzia del sistema", dice. Nessun controllo dei lavoratori, quindi. "Il codice a barre - spiega Walter Locatelli - si è rivelato insufficiente e non idoneo a garantire la correttezza dei dati, generando quindi sprechi. Al contrario, il microchip consente di sapere sia quando il camice viene ritirato dalla ditta che effettua il servizio di lavanderia e poi riconsegnato al dipendente sia quanti cicli di lavaggio l'indumento subisce, visto che dopo un certo numero deve essere sostituito. Questi tessuti sono garantiti per un numero massimo di lavaggi eseguiti in un determinato modo e con specifici prodotti: un numero superiore di lavaggi, oppure lavaggi 'casalinghi' che non rispettino le procedure". Locatelli spiega che "il nuovo sistema garantisce anche il rispetto delle norme di sicurezza e antincendio in base alle quali il materiale ospedaliero, in particolare delle sale operatorie o di alcuni reparti, debba essere lavato esclusivamente con determinati prodotti".

La vicenda dei microchip nei capi di vestiario del personale dell'ospedale Galliera di Genova e presumibilmente in tutte le altre strutture del Ssn in Liguria, approda in Parlamento con un'interrogazione dei deputati di Sinistra Italiana-Possibile, primo firmatario Giovanni Paglia. "La motivazione della direzione sanitaria - si legge nell'interrogazione - sarebbe l'esigenza di controllare la localizzazione gps degli abiti da lavoro così da evitarne lo smarrimento, come previsto da gara d'appalto. È però evidente come questa strumentazione si presti anche al controllo continuo della posizione degli addetti, venendosi così a configurare a pieno titolo come mezzo di controllo a distanza dei lavoratori - prosegue l'interrogazione -. Questo significa che la sua introduzione avrebbe dovuto passare da un accordo con il sindacato o in alternativa da un'autorizzazione del Ministero del Lavoro come previsto dello Statuto dei Lavoratori. Non risulta che si sia scelta la via dell'accordo sindacale e quindi si deve supporre che esista un'autorizzazione ministeriale o che l'atto sia illegittimo. In questo caso potrebbe definirsi anche il danno erariale, dato che si dovrebbe provvedere a sostituire capi in uso a 22 mila ".

Secondo Possibile "a aggravare il quadro è la sanzione disciplinare al portiere del Galliera, reo di aver estratto il chip per sottoporlo a analisi". Nell'interrogazione si chiede al governo se il ministero competente "fosse a conoscenza e avesse autorizzato l'installazione di chip gps sul vestiario degli addetti dell'ospedale Galliera e di altre strutture liguri. In caso contrario, se ritenga che si sia davanti a una palese violazione delle disposizione in materia di controllo a distanza dei lavoratori" e "come intenda muoversi per ripristinare la legalità violata" oltre che "se intenda procedere a esposto per danno erariale presso la Procura della Corte dei Conti".

"Dopo anni di sprechi nella sanità le opposizioni ora si preoccupano dei microchip nelle divise del personale ospedaliero che servono per risparmiare e garantire maggiore igiene e ordine degli indumenti? Ma chi ha paura di un microchip che serve a riconsegnare la divisa pulita al legittimo proprietario evitando che si perda e risparmiando così denaro dei contribuenti? Ma chi ha paura di essere controllato sul posto di lavoro, se non ha nulla da nascondere?".

Così il governatore della Liguria Giovanni Toti risponde alla querelle innescata dal ritrovamento, nel camice di un dipendente dell'ospedale Galliera, di un microchip inserito tra le cuciture dell'abbigliamento da lavoro. "Sono certo - scrive Toti sulla sua pagina Fb - che la stragrande maggioranza del personale della sanità faccia seriamente il proprio lavoro e che non tema alcun controllo, che peraltro non c'è. Stupisce semmai che le opposizioni sollevino polveroni su presunti controlli inesistenti ma che comunque nessuno, in epoca di furbetti, dovrebbe temere".

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