Affrontare un tumore è sempre una dura prova.
Ma per la donna forse lo è di più, soprattutto se come effetto collaterale delle terapie oncologiche si aggiungono i disturbi legati alla menopausa indotta (MI) dalle terapie stesse o si accentuano i disturbi già presenti, come per chi affronta un tumore nella postmenopausa.
Se è assolutamento vero che la menopausa prima o poi arriva per tutte, è altrettanto vero che la gran parte delle donne non è mai preparata abbastanza quando insorge in modo fisiologico e men che meno se è indotta precocemente dal persorso di cure oncologiche.
Chemio e radioterapia causano molto spesso un danneggiamento della funzione ovarica, con assenza di mestruazioni per tutta la durata della terapia. Il trattamento chemioterapico con particolare riferimento alla terapia del carcinoma mammario è frequentemente associato ad amenorrea, temporanea o permanente, risultante dalla tossicità diretta dei farmaci sulla funzione ovarica e l'incidenza dipende dal tipo di trattamento chemioterapico utilizzato e dall'età della donna. Mentre nelle giovani donne il ripristino delle mestruazioni si verifica in otto donne su dieci, non è così nelle over 40, per le quali l’amenorrea diventa permanente in oltre il 95 per cento dei casi. Tra le donne che continuano ad avere le mestruazioni, invece, il rischio di menopausa precoce chemio e/o radio indotta è maggiore. La radioterapia causa il danneggiamento permanente delle ovaie solo se impiegata per l'irradazione pelvica ad alte dosi. Se sono utilizzate piccole dosi, come per il linfoma di Hodking, la funzionalità ovarica può essere conservata.
L'amenorrea da chemioterapici è caratterizzata da una brusca diminuzione dei livelli di estrogeni e progesterone e, di conseguenza, da più veloci ed elevati livelli dell’ormone follicolo-stimolante, responsabile della sindrome vasomotoria. Non solo vampate, sudorazioni notturne e insonnia, ma anche calo del tono dell’umore, che non è già dei migliori quando si indossa una parrucca. La MI, a causa della sua irruenza, può innescare sintomi più severi o accentuare i disturbi di chi era già in fase climaterica.
Le donne colpite da tumori ormonosensibili sono poi ulteriormente penalizzate dalle terapie adiuvanti antiestrogeniche, che devono eseguire per i cinque anni successivi alla diagnosi e/o all’intervento. La terapia antiestrogenica, sin dal suo utilizzo, ha significativante ridotto le recidive e aumentato la sopravvivenza, soprattutto nelle donne con tumore mammario, ma in molti casi può contribuire a peggiorare la sintomatologia menopausale e la qualità della vita. L’azzeramento della produzione degli estrogeni non consente quel minimo recupero fisiologico che invece si verifica dopo terapie oncologiche per altre forme tumorali e in questi casi è inoltre preclusa ogni forma di terapia ormonale o fitoestrogenica anche a livello loco-vaginale.
La sindrome vasomotoria non è solo vampate di calore e sudorazioni notturne. Sbalzi d’umore con facile irritabilità fino a lieve depressione, tachicardie e aumento della pressione arteriosa e disturbi del sonno anche senza vampate sono un corteo sintomatologico che altera la sensazione soggettiva del benessere e genera ansia e preoccupazione per la loro risoluzione. Così come gli ormoni, anche i fitoestratti della soia e del trifoglio rosso ad azione estrogeno-simile sono completamente preclusi in donne che hanno avuto tumori ormonosensibili anche dopo aver terminato le terapie adiuvanti antiestrogeniche.
I principi attivi della Cimicifuga Racemosa (CR), una pianta usata dagli indiani del Nord America per contrastare molti disturbi femminili tra cui anche la sintomatologia climaterica, sono rapidi ed efficaci e durano anche dopo l’assunzione. A differenza di altre terapie erbali, la CR non contiene isoflavoni e può essere assunta anche dalle donne a cui terapia ormonale e fitoestrogeni sono preclusi per il rischio di recidive di tumori mammari operati ma anche per chi ha una predisposizione genetica e familiare a questo tumore. Anche se il suo meccanismo d’azione non è ancora del tutto noto, la CR sembra essere in grado di legarsi ai recettori ipotalamici per la serotonina con un’azione simile a quella che questo neurotrasmettitore svolge per contrastare i sintomi neurovegetativi della donna in postmenopausa [1].
La CR esercita un effetto calmante su tutto il sistema nervoso neurovegetativo e oltre ai disturbi specifici della menopausa risulta utile anche per quelli psicologici. La cimicifuga riduce i livelli di calcio e fosforo nel sangue e i marker di distruzione ossea, favorendo l’aumento della massa ossea; i disturbi della “cervicale” si attenuano grazie alla riduzione veloce del sudore che si deposita sul rachide cervicale; non aumenta la densità del seno e nemmeno lo spessore endometriale; non altera i livelli di lipidi e di ormoni nel sangue anche se utilizzata per lunghi periodi in quanto il meccanismo d’azione non è estrogeno-simile. Non va somministrata a donne con epatopatie anche lievi.
L’agnocasto, derivante dagli estratti dei frutti maturi ed essiccati del Vitex Agnus Castus, è un fitocomplesso contenente glicosidi, flavonoidi terpeni e alcaloidi. Da sempre conosciuto per i noti benefici sui sintomi della sindrome premestruale, di recente è stata valutata l’efficacia anche in pre e postmenopausa [2] soprattutto se abbinato con la CR insieme alla quale manifesta un’azione sinergica, in quanto va ad agire sulla dopamina, l’altro principale neurotramettitore coinvolto nell’insorgenza dei sintomi postmenopausali. In un recente studio condotto da Cappelli et al. [3] , l’associazione tra cimicifuga racemosa con agnocasto si è rivelata efficace sia sulle vampate di calore associate a sudorazioni improvvise che sull’insonnia associata a stati d’ansia nel 72,81% di donne affette da sintomatologia da moderata a marcata valutata tramite l’indice di Kupperman [4], e nel 91,78% nelle donne con sintomatologia lieve.
Un’altra alternativa non-estrogenica e non fitoestrogenica, per i sintomi vasomotori della menopausa indotta e per tutte le donne che non possono oppure non vogliono assumere ormoni, è l’estratto a base di citoplasma pollinico purificato e specifico (PSCP - Purified and Specific Cytoplasm of Pollen) [5, 6] utilizzato da oltre una ventina di anni in tutto il mondo e solo da alcuni anni introdotto anche in Italia. Questo preparato è composto da due estratti di polline, PI 82 (75%) e GC FEM, provenienti da diverse piante coltivate nei campi della Svezia del Sud: Secale Cereale (segale), Dactylis glomerata (dattile), Pinus silvestris (pino silvestre) e Zea mays (mais). Il PSCP ha un effetto di amplificazione sui neuroni serotoninergici ipotalamici che controllano, la termoregolazione, soprattutto notturna, e di conseguenza migliora la qualità del sonno e del tono dell’umore al pari dell’azione della paroxetina[7] ed altri SSRI (farmaci antidepressivi serotoninergici inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) efficaci per i disturbi menopausali. Gli studi sul profilo di sicurezza hanno evidenziato che PSCP non stimola la proliferazione delle cellule MCF-7 del carcinoma mammario, non attiva i recettori degli estrogeni, non ha alcun effetto su E2, FSH, SHBG e Testosterone. Inoltre, non ha alcuna interazione farmacologica con il trattamento con Tamoxifene, il principale antiestrogeno impiegato per la terapia adiuvante per il tumore mammario. Pertanto può essere assunto anche in concomitanza con tale terapia, che proprio per la sua azione antiestrogenica favorisce l’induzione della menopausa e accentua il suo corteo sintomatologico. Il PSCP ha non ha alcuna controindicazione, né effetti indesiderati come l’aumento di peso, per cui può essere usato in tutta sicurezza anche nel lungo termine, anche da donne allergiche al polline in quanto durante il procedimento di estrazione il rivestimento allergenico viene completamente asportato dal granulo pollinico maturo. Il rischio di allergie non risulta superiore nelle persone allergiche al polline rispetto alle altre categorie di consumatori.
Cimicifuga, agnocasto ed estratto citoplasmatico di polline purificato sono terapie non ormonali e non fitoestrogeniche valide e sicure per i sintomi della sindrome vasomotoria e rappresentano l’unica scelta terapeutica nella MI da terapie oncologiche, in particolare nelle donne che hanno avuto tumori ormonosensibili.
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Bibliografia
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