Lo rivela uno studio internazionale coordinato dall'Ircss di Mendola
Scoperto il primo marcatore in grado di predire la risposta alle cure nel carcinoma della prostata, il più aggressivo di questo tipo di tumori. Identificabile attraverso la biopsia liquida, consente di individuare quale trattamento tra i due oggi disponibili sia il più efficace per ciascun paziente, indirizzando così i clinici verso cure personalizzate sul singolo malato. La ricerca è il frutto di una collaborazione tra gruppi di ricerca italiani, spagnoli e inglesi: quello diretto dal Ugo De Giorgi, dell'Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori (IRST) IRCCS di Meldola (Forlì-Cesena), di David Olmos, Direttore dell'Unità di Ricerca Clinica sul Cancro alla Prostata dello Spanish National Cancer Research Center (CNIO) a Madrid e di Gerhardt Attard del UCL Cancer Institute di Londra.
Il tumore alla prostata è uno dei più diffusi nella popolazione maschile e presenta uno dei maggiori indici di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi se in stadio localizzato. Quando viene diagnosticato in stadio avanzato o quando un tumore localizzato presenta una recidiva dopo il primo trattamento le cure prevedono la deprivazione dell'ormone maschile. Le forme più resistenze prevedono poi la scelta tra terapie ormonali o chemioterapia. "Fino a questo momento - spiega Ugo De Giorgi - la scelta del trattamento si basava unicamente sulla sua biologia, sulle caratteristiche cliniche e sulla preferenza da parte del paziente debitamente informato". Oggi grazie al biomarcatore è possibile capire quale delle due terapie sia più efficace personalizzando così il trattamento.
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