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Per il Censis i medici di base lavorano poco: vanno utilizzati meglio e di più. Cricelli (Simg): gli mmg devono prendere in cura i malati cronici

Medicina Generale Redazione DottNet | 28/11/2012 19:34

Ottimizzare i fondi integrativi, che in gran parte rimborsano prestazioni già coperte dalla sanità pubblica, utilizzare meglio e di più i medici di famiglia e far pagare di più i redditi alti: sono queste alcune delle soluzioni che si potrebbero utilizzare, secondo Carla Collicelli, vicedirettore del Censis, per recuperare risorse da drenare al Ssn, che in futuro potrebbe essere a rischio di sostenibilità.

 ''La sanità complementare in Italia è un universo composto da centinaia di fondi integrativi, a beneficio di oltre 11 milioni di assistiti. Una nostra ricerca ha rilevato che oltre il 50% degli importi dei fondi copre prestazioni già rimborsate dal pubblico. Bisognerebbe quindi utilizzare meglio i fondi per coprire le aree scoperte dal Ssn e l'odontoiatria. Ma finora sui fondi integrativi, non c'e' stata una strategia, come dimostra anche il fatto che non sono stati resi pubblici i dati dell'anagrafe dei fondi presso il ministero della Salute. Secondo Collicelli ''altre fonti sono ricavabili dalla compartecipazione della spesa. Ma in questi ultimi tempi 9 milioni di italiani hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per il costo dei ticket su cui Balduzzi sta lavorando e le liste d'attesa. Si potrebbe pensare di far pagare di più al di sopra di una certa soglia di reddito, ma gestendo bene la cosa. Quanto alle assicurazioni ''sono molto care - aggiunge la sociologa - e quindi utilizzabili da una fascia ridotta di popolazione''. Secondo Collicelli non stiamo andando verso una situazione simile agli Stati Uniti . ''Bisogna trovare soluzioni compatibili con il nostro Ssn; un modello potrebbe essere la Germania che ha una copertura mutualistica pubblica obbligatoria, quasi universale''. Un altra area di intervento riguarda i medici di famiglia che secondo la ricercatrice del Censis dovrebbero lavorare di più. Inoltre andrebbe evitata la spesa di risorse aggiuntive secondo una logica sbagliata. Ad esempio molti italiani preferiscono spendere di tasca propria per avere il farmaco griffato. Quando si parla di sostenibilità bisognerebbe tener conto anche di queste risorse''.

Simg.''In questi anni abbiamo assistito a preoccupanti interventi che hanno determinato un sostanziale sottofinanziamento del servizio sanitario nazionale. Il sistema oggi è vicino al collasso. Si trasferiscono sulle persone i costi dei servizi, e molti cittadini sono costretti a ricorrere al privato''. Così Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (Simg), che concorda con l'allarme lanciato dal Presidente del Consiglio, Mario Monti sul Ssn. ''Serve una forte assunzione di responsabilità da parte dell'intera classe politica che dal prossimo anno sarà chiamata a governare il Paese - continua in una nota - Da tempo ribadiamo l'importanza di una riforma globale dell'intero sistema sanitario, che parta dalle cure primarie e includa gli ospedali''. Ma perché questo cambiamento si verifichi, secondo Cricelli, ''abbiamo bisogno di investimenti e di una mentalità nuova, che attragga risorse nel nostro Paese. La realizzazione del Decreto Balduzzi sulla riorganizzazione dell'assistenza territoriale non può avvenire a costo zero''. Le esperienze realizzate dalla Simg dimostrano che il medico di famiglia ''è in grado di prendersi cura dei pazienti cronici e di produrre risultati di salute in termini di riduzione dei ricoveri, risparmi e miglioramento della qualità di vita delle persone - conclude - Il servizio sanitario si deve fidare dei medici di famiglia e offrire segni tangibili di questa fiducia finanziando in modo adeguato il comparto che, se opportunamente attrezzato, è in grado di gestire la cronicità e la complessità senza ricorrere ai servizi ospedalieri''.

Lazio in crisi. Sos generale nella sanità del Lazio.  Circa 40 tra associazioni e sindacati del settore ''superando differenze e diffidenze storiche si sono unite per denunciare l'imminente collasso della sanità regionale'' e hanno sottoscritto un appello rivolto tra gli altri al presidente della Repubblica, del Consiglio, al ministro della Salute e al prefetto di Roma, in cui definiscono i livelli essenziali di assistenza ''a rischio''. Si sta organizzando una manifestazione unitaria sotto la Regione Lazio l'11 dicembre. Nel documento si punta il dito contro il commissario governativo che ''pensa di far quadrare i conti sopprimendo servizi e rottamando lavoratori e posti letto, ignorando completamente i bisogni dei cittadini''. Per Gianni Nigo della Fp Cgil nel Lazio ''c'è un inganno su posti letto: i cittadini residenti nel Lazio al 2011 sono 5.728.688. I posti letto per acuti tra pubblico e privato, fonte Regione, sono 18.160, pari al 3,17 per mille. La spending review dice che dobbiamo portarli al 3 per mille e diventerebbero 17.186. Da tagliare sarebbero 974 e non circa duemila come vuole fare Bondi. Si sta facendo un calcolo folle in cui si considerano persino le barelle come posti letto. La riabilitazione ha 3.823 posti letto, pari allo 0,67 per mille, dato che lo standard di legge è 0,7 in questo caso non solo non bisogna tagliare ma aggiungere 187 posti letto''. Enzo Colaiacomo della Federlazio Salute aggiunge: ''Il rischio è di veder chiudere strutture, soprattutto quelle accreditate che subiscono pesanti tagli. Alcune nostre strutture, autonomamente hanno già deciso di bloccare i ricoveri''. ''Stiamo aspettando una risposta da parte di Bondi altrimenti chiudere sarà un obbligo'', dice Jessica Faroni presidente Aiop Lazio. Giuseppe Lavra, segretario Cimo-Asmd (medici ospedalieri) rincara: ''La situazione è molto più drammatica di quanto si percepisca, siamo al limite della deflagrazione sociale. Non più di un mese fa in un ospedale di Roma di cui non faccio il nome sono state chiuse quasi tutte le sale operatorie per una giornata perché non c'erano bisturi. C'è una diffusa situazione di sotto-organico per cui il personale lavora in condizioni estreme''. E poi il nodo dei precari. ''Ci sono circa 3400 precari della sanità che rischiano di andare a casa'', dice ancora Biserna e il senatore Pdl Domenico Gramazio aggiunge: ''Se non vengono sanati entro fine anno, se dovessero andar via, saremmo costretti a chiudere una serie di pronto soccorsi e dea di primo e di secondo livello''.

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