Com’è noto, la cosiddetta Manovra d’estate del Ministro Brunetta (legge 133/2008) ha offerto alla pubblica amministrazione la possibilità di liberarsi dei dipendenti più anziani e quindi più costosi per l’erario, consentendo la risoluzione discrezionale del rapporto di lavoro in presenza di una anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni. Questa possibilità sta per essere massicciamente sfruttata nei confronti dei medici ospedalieri di quelle regioni dove il deficit sanitario impone di cercare ogni utile strumento di contenimento della spesa.
Se non si vuole rischiare di essere collocati a riposo contro la propria volontà, attenzione quindi a presentare ed accettare domande di riscatto degli anni di laurea e di specializzazione. Non si sta parlando, in questo caso, dei medici giovani neoassunti o che comunque hanno iniziato a lavorare in ospedale dal 1996 in poi, e che quindi hanno un calcolo fondato esclusivamente sul sistema contributivo; per costoro non si può infatti parlare di anzianità contributiva massima di 40 anni, perché il sistema contributivo consente di valorizzare tutti i versamenti previdenziali in funzione della loro entità.
Rischiano invece di pentirsi della loro scelta di riscattare gli anni di studio tutti quei medici dipendenti, oggi sessantenni, che verranno liquidati con il sistema retributivo (perché avevano più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) e che proprio per colpa del riscatto oggi sono prossimi a conseguire i 40 anni di anzianità assicurativa, mentre magari hanno un’anzianità effettiva di servizio di soli 30/35 anni. Dunque: con riferimento a questi professionisti, se si vuole andare in pensione prima del tempo e magari incrementare la libera professione il riscatto rimane una scelta giusta ed opportuna (anche se dopo i 50 anni di età il suo costo è molto elevato); se invece si ha un’anzianità di servizio elevata e si è attaccati al proprio posto di lavoro, meglio tenersene alla larga.
"Chiediamo il sostegno del Presidente Mattarella, per richiamare la cittadinanza. Sarebbe paradossale che le organizzazioni sindacali dovessero trovarsi a ragionare su un possibile sciopero contro i cittadini nella veste di pazienti"
"Per molti presidenti di Regione i medici di medicina generale dovrebbero diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale". "Mancano 4500 medici e 10mila infermieri"
Rea (Simg Lazio): “Tra le principali esigenze, è fondamentale l’inserimento di personale infermieristico e amministrativo. Come le farmacie dei servizi ricevono investimenti anche la Medicina Generale può moltiplicare le sue funzioni”
Questo codice, attualmente in vigore, limita fortemente la possibilità di dar seguito a uno sciopero vero ed efficace, ostacolando di fatto qualsiasi iniziativa
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