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Manovra d'estate e pensionamenti obbligati: riflessioni e suggerimenti

Medicina Generale Redazione DottNet | 19/11/2008 12:40

Com’è noto, la cosiddetta Manovra d’estate del Ministro Brunetta (legge 133/2008) ha offerto alla pubblica amministrazione la possibilità di liberarsi dei dipendenti più anziani e quindi più costosi per l’erario, consentendo la risoluzione discrezionale del rapporto di lavoro in presenza di una anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni. Questa possibilità sta per essere massicciamente sfruttata nei confronti dei medici ospedalieri di quelle regioni dove il deficit sanitario impone di cercare ogni utile strumento di contenimento della spesa.

Se non si vuole rischiare di essere collocati a riposo contro la propria volontà, attenzione quindi a presentare ed accettare domande di riscatto degli anni di laurea e di specializzazione. Non si sta parlando, in questo caso, dei medici giovani neoassunti o che comunque hanno iniziato a lavorare in ospedale dal 1996 in poi, e che quindi hanno un calcolo fondato esclusivamente sul sistema contributivo; per costoro non si può infatti parlare di anzianità contributiva massima di 40 anni, perché il sistema contributivo consente di valorizzare tutti i versamenti previdenziali in funzione della loro entità.
Rischiano invece di pentirsi della loro scelta di riscattare gli anni di studio tutti quei medici dipendenti, oggi sessantenni, che verranno liquidati con il sistema retributivo (perché avevano più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) e che proprio per colpa del riscatto oggi sono prossimi a conseguire i 40 anni di anzianità assicurativa, mentre magari hanno un’anzianità effettiva di servizio di soli 30/35 anni. Dunque: con riferimento a questi professionisti, se si vuole andare in pensione prima del tempo e magari incrementare la libera professione il riscatto rimane una scelta giusta ed opportuna (anche se dopo i 50 anni di età il suo costo è molto elevato); se invece si ha un’anzianità di servizio elevata e si è attaccati al proprio posto di lavoro, meglio tenersene alla larga.


Medesimo discorso per i medici e gli odontoiatri già specialisti ambulatoriali e addetti all’emergenza territoriale, alla medicina dei servizi ed alla continuità assistenziale che sono transitati a rapporto d’impiego. Tuttavia, per quelli fra loro che hanno scelto di conservare l’iscrizione all’Enpam ai fini previdenziali (generalmente l’opzione più vantaggiosa) potrebbe esserci una via d’uscita.
Il legislatore, infatti, parla del compimento dell’anzianità contributiva massima di 40 anni quale requisito per la risoluzione del rapporto, facendo evidentemente riferimento alla disciplina delle pensioni pubbliche (Inpdap). Ma presso i Fondi Enpam dei medici convenzionati non si può parlare di un’anzianità assicurativa massima, perché nel calcolo della pensione vengono considerati tutti gli anni di contribuzione, anche oltre i 40 (possono essere anche 45, 50, eccetera e sono tutti utili a pensione).
E’ quindi molto probabile che, una volta accertato che si tratta di professionisti iscritti all’Enpam, le Asl mollino la presa e consentano la prosecuzione del rapporto. Se però così non dovesse avvenire, gli interessati potranno presentare alla struttura un ricorso gerarchico (eventualmente recepibile in sede amministrativa), nel quale eccepiranno la non applicabilità della norma alla loro specifica posizione.


 

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