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Ancora rischi da Chernobyl

Medicina Generale Redazione DottNet | 31/07/2008 17:15

Il reattore numero 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, a 120 chilometri da Kiev in Ucraina, esplose il 26 aprile 1986. E' stata la più grande tragedia nucleare civile della storia: A 22 anni dalla catastrofe, secondo alcuni recenti studi, almeno mezzo milione di persone sono morte a causa della nube radioattiva che contaminò larga parte dell'Europa.

E le conseguenze dell'incidente, affermano gli esperti, si sentono ancora oggi. Un anniversario, ancora una volta all'insegna della 'guerra' di cifre: l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) hanno infatti da tempo stimato un massimo di 4.000 persone morte per gli effetti del disastro. Certo è che le conseguenze di Chernobyl sono, e rimarranno, difficili da dimenticare. Un dato emblematico è quello relativo alla sola 'ripulitura' del luogo del disastro: ''Studi mostrano che 34.499 persone che presero parte alla ripulitura di Chernobyl sono morte di cancro dopo la catastrofe'', affermava Nikolai Omelyanetes, vice capo della commissione nazionale per la protezione dalle radiazioni ucraina, secondo il quale, inoltre, il tasso di mortalità infantile nel Paese è aumentato fra il 20 e il 30%.

E il peggio, avvertono gli esperti, purtroppo arriva ora: ''E' infatti a distanza di 20-30 anni - sottolinea Andrea Pession, oncologo del reparto di oncologia pediatrica dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna, e per vari anni impegnato in progetti per il monitoraggio delle conseguenze del disastro sui bambini di Chernobyl - che gli eventuali casi di tumore alla tiroide legati alla grande quantità di radiazioni assorbite dalla popolazione potrebbero manifestarsi; in questi casi, infatti, la finestra temporale per l'eventuale manifestarsi di neoplasie è di oltre 15 anni''.
Per questo, afferma l'esperto, ''sarebbe necessario che le autorità sanitarie europee mettessero in moto programmi seri di monitoraggio degli effetti del disastro nucleare, soprattutto al fine di verificare gli effetti sulla prole di coloro che nel 1986 erano bambini ed ora sono in età fertile''. Il timore, conclude Pession, è che ''a pagare le conseguenze di quella tragedia possano essere, purtroppo, anche le nuove generazioni''

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