Aft obbligatorie per tutti i medici di famiglia, Uccp in un secondo momento, salvo rinvii. E' molto ricco anche se con qualche punto interrogativo il capitolo che il Patto della Salute dedica alla riorganizzazione della medicina territoriale (l’articolo 5, dove si parla anche di farmacia dei servizi).
Sono “vuoti” lasciati perché a colmarli sia la nuova Convenzione della mg, che Sisac e sindacati hanno appena iniziato a scrivere, ma per quanto incompleta sia l’impalcatura è meglio che i titolari comincino già a familiarizzare con la riorganizzazione delle cure primarie abbozzata dal Patto. Perché è con questa mg ristrutturata che la farmacia dei servizi dovrà dialogare e collaborare.
Per capire è meglio iniziare dalle Aft (Aggregazioni funzionali territoriali), delle quali tratta il comma 3 dell’articolo 5. Va detto subito che le Aft non sono una novità, comparivano per la prima volta nella Convenzione che i sindacati della mg firmarono nel 2009 ma sono finora rimaste sulla carta tranne rare eccezioni. Il Patto le ripropone con pochi aggiornamenti: aggregheranno tutti i medici di famiglia, ce ne sarà una ogni 30mila abitanti al massimo (quindi ogni Aft dovrebbe mettere assieme non più di 20-25 medici di mg, il che significa in media un’aggregazione per distretto sanitario) e saranno monoprofessionali, cioè riguarderanno soltanto generalisti e guardie mediche. Poi c’è quello che il Patto non dice perché avevano già detto la Convenzione del 2009 e la legge 189/2012, il famoso decreto Balduzzi. Le Aft, in sintesi, avranno un ruolo soltanto “funzionale”, come peraltro è specificato nel loro stesso nome. Significa che il loro compito sarà quello di agevolare l’attività corale dei generalisti: medicina d’iniziativa, percorsi terapeutico-assistenziali, presa in carico, programmi di governo clinico, linee guida prescrittive eccetera.
In soldoni: se finora la progettualità aziendale era vincolata all’adesione volontaria di ogni singolo mmg, con le Aft i medici di famiglia vengono “irreggimentati” in unità distrettuali che dovrebbero agevolare organizzazione e condivisione delle risorse; in caso di programmi di medicina d’iniziativa, per esempio, l’Asl potrà assegnare a ogni Aft una certa quantità di personale infermieristico cui delegare la gestione delle agende di tutti i medici dell’Aggregazione.
Come detto, tutti i mmg faranno capo a un’Aft ma la cosa non deve preoccupare le farmacie, perché non ci saranno accorpamenti di sedi o ambulatori. Ogni medico potrà continuare a lavorare nel proprio studio, anche se non sarà più la “monade” che è oggi. Discorso diverso per le Uccp, di cui tratta il Patto al comma 2 e successivi (sempre dell’articolo 5): la sigla sta per Unità complessa di cure primarie e anche in questo caso non si tratta di novità, perché già ne parlava la Convenzione del 2009. A differenza delle Aft, le Uccp sono multiprofessionali (quindi oltre ai medici di mg potranno raggruppare anche altre figure, come infermieri, specialisti ambulatoriali e personale sociosanitario) e soprattutto sono aggregazioni strutturali.
Quindi potranno prevedere una sede unica – anzi, questa sarebbe la scelta prioritaria come si legge nel Patto – saranno aperte h24 7 giorni su 7, si integreranno nella «rete dei servizi distrettuali e aziendali» e assicureranno «una relazione diretta tra l’assistenza territoriale e gli altri nodi della rete assistenziale».
Al contrario delle Aft, poi, le Uccp hanno «un assetto organizzativo definito da disposizioni nazionali e regionali», dunque ogni amministrazione potrà modellarle secondo le proprie scelte. Lo consentiva già la Convenzione del 2009, dalla quale discendono le Case della Salute di Emilia-Romagna o Toscana e le medicine di gruppo integrate del Veneto, quindi il Patto non fa che confermare una linea già segnata. Restano invece incerti i rapporti che legheranno Aft e Uccp: «Ogni Aft» si legge sempre all’articolo 5 «è funzionalmente collegata a una Uccp», ma che cosa questo significhi sembrano non saperlo neanche i sindacati della mg. Che in ogni caso, scartano l’ipotesi di una medicina del territorio totalmente “deportata” in medicine di gruppo e Case della Salute.
«L’articolo 5 del Patto dice cose importanti» dichiara Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg «ma riguarda Governo e Regioni, non certo noi». Le regole più importanti, dunque, vanno ancora scritte: «Non può certo essere soltanto una legge a obbligare i medici di famiglia a finire nelle Uccp» continua Milillo «noi siamo convenzionati, non dipendenti. E dubito che sia possibile creare Uccp dappertutto. La nostra idea è che si faranno soltanto dove serviranno». In ogni caso, sono tutte scelte da far maturare al tavolo della nuova Convenzione: «Il Patto è piuttosto fumoso su diversi passaggi» conclude Milillo «per esempio sul rapporto tra Uccp e Aft. Sono tutte cose che andranno messe in chiaro con la Sisac, l’unica cosa che per ora si può dire è che c’è una chiara volontà di Governo e Regioni di sviluppare e rafforzare l’assistenza primaria».
fonte: federfarma, filodiretto
"Chiediamo il sostegno del Presidente Mattarella, per richiamare la cittadinanza. Sarebbe paradossale che le organizzazioni sindacali dovessero trovarsi a ragionare su un possibile sciopero contro i cittadini nella veste di pazienti"
"Per molti presidenti di Regione i medici di medicina generale dovrebbero diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale". "Mancano 4500 medici e 10mila infermieri"
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Questo codice, attualmente in vigore, limita fortemente la possibilità di dar seguito a uno sciopero vero ed efficace, ostacolando di fatto qualsiasi iniziativa
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