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Gb, polemiche sui trapianti a pagamento presso le strutture pubbliche

Medicina Generale Redazione DottNet | 08/01/2009 16:16

Polemiche sul servizio sanitario inglese da parte di medici e associazioni dei pazienti in attesa di trapianto per alcune decine di interventi effettuati a pagamento presso strutture del servizio pubblico.

 Gli organi di 50 donatori britannici stati utilizzati per pazienti stranieri, i quali hanno pagato circa 75mila sterline ciascuno. E ai medici che li hanno effettuati sarebbe andata una parcella di 20.000 sterline. L'inchiesta del Sunday Times ha creato clamore e proteste tanto che alcuni cittadini hanno deciso di buttare la tessera di donatore. La documentazione citata dal quotidiano riferisce in particolare di 40 pazienti greci e ciprioti che hanno effettuato un trapianto di fegato in Gran Bretagna. Altri organi sono stati donati a pazienti di nazioni non europee, inclusa la Libia, gli Emirati Arabi Uniti, Cina e Israele. E tutto ciò, dice il Sunday Times, quando il Sistema sanitario nazionale britannico ha raggiunto la cifra record di ottomila pazienti in lista di attesa per ricevere un trapianto, tra questi circa 260 attendono la donazione di un fegato. La scorsa settimana, il presidente dell'Associazione britannica dei trapianti, Peter Friend, ha definito la pratica di donare organi a pazienti stranieri ''non etica'', e chiesto che sia riconosciuta una priorità ai cittadini britannici.

Nel giugno scorso la Healthcare Commission, un organismo di controllo effettuò una inchiesta sull'argomento non rilevando alcuna infrazione alle regole da parte degli ospedali coinvolti. Tuttavia si e' fatta sentire sempre più forte la protesta di quanti attendono un organo salvavita. La problematica della distribuzione degli organi per trapianto a stranieri è da anni oggetto di discussione in molti Paesi come l'Italia per i criteri di scelta da adottare che rispettino i principi solidaristici ma non il commercio. Vicende come quelle accadute in Inghilterra nel nostro paese ''non sono possibili'', dice Alessandro Nanni Costa, direttore del centro nazionale trapianti. ''L'attività di trapianto per stranieri residenti all'estero non è vietata - precisa - ma è regolata e controllata a livello centrale: si accettano pazienti solo se esistono programmi di collaborazione e per casi umanitari, valutandoli situazione per situazione; i trapianti poi non possono essere eseguiti in regime di attività libero professionale, cioè con il pagamento dei chirurghi''.
In Italia, ricorda il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione di inchiesta sul servizio sanitario nazionale, l'attività di trapianto è possibile solo in strutture pubbliche ma ne' l'attività libero professionale dei medici in intramoenia ne' in extramoenia sono autorizzate. In sostanza non può esserci in questo settore attività privata secondo la legge che regola i trapianti del 1999, anche se la normativa del 1999 non regolamenta i trapianti su cittadini stranieri '. ''Ma l'aspetto della vicenda inglese che lascia fortemente perplessi - ha detto Marino - è che un medico dipendente del servizio sanitario inglese possa eseguire un trapianto di un organo che è un bene pubblico, prelevato a spese della sanità pubblica, frutto della donazione gratuita, generosa e solidale di una persona, e che se viene trapiantato su un paziente non inglese il medico possa percepire per questa attività una parcella, come se fosse una prestazione privata. Ecco questo non è etico e in Italia non può succedere''. Negli Stati Uniti, secondo l'organismo che sovrintende alla distribuzione degli organi (Unos) il trapianto a pazienti stranieri è possibile entro un limite del 5-8 per cento degli organi; per i centri che superano tale limite c'è un'ispezione su tutta l'attività trapiantologica. In Italia un centro che ha un programma per i trapianti dedicato a stranieri attivo dal 2004 è l'Ismett di Palermo: nel settore pediatrico, si legge sul sito, il centro, ha effettuato 19 trapianti di fegato su bambini stranieri su 86.

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