Una tappa della vita, certo. Niente di apocalittico né patologico. Ma spesso, un tempo che fa paura e i cui sintomi sono difficili da tollerare. Pensare alla menopausa non piace alle donne, né ai loro compagni.
Comunque vada, marca il segno che qualcosa è finito. Ma, almeno fino a qualche anno fa, la medicina forniva un viatico per fermare la biologia: la cosiddetta terapia ormonale sostitutiva (Tos) era sembrata un elisir di giovinezza, capace di mantenere la pelle fresca e i tessuti tonici, prevenire le malattie del cuore e l'indebolimento delle ossa, permettere una vita sessuale attiva e soddisfacente. Poi, la disillusione: contrordine signore, la Tos magari è capace di ingannare il tempo, ma la biologia è inesorabile. gere il tetto per il riposo massimo richiesto dai sindacati come obbligatorio di undici ore. Tutto è cominciato con un grosso studio Usa pubblicato nel 2002 che ha rivelato molti e gravi rischi legati alla cura: infarto, ictus, anche cancro. Ma il business della Tos è ultramiliardario e alle donne la Tos è sempre piaciuta: non poteva certo bastare uno studio, per quanto importante, a toglierla di mezzo. Così ecco un proliferare di ricerche, e un andirivieni di conferme e smentite. Con il risultato che le donne si trovano al centro di un'informazione crociata e contraddittoria, non sanno più a chi credere e come comportarsi. Per questo è stata convocata a Torino una Conferenza di consenso (vedi box qui sopra), che ha esaminato tutte le prove cliniche e sperimentali. E ha messo alcuni punti fermi sul che fare in menopausa. Partendo da un fatto: la menopausa non è l'equivalente di una malattia da carenza di ormoni, come è invece il diabete, e quindi non è affatto detto che la si debba curare con prodotti che sostituiscono gli estrogeni che vengono a mancare. "Questo deve accadere solo in casi molto particolari, quando le mestruazioni si interrompono molto presto, prima dei 45 anni, spontaneamente o per l'asportazione chirurgica delle ovaie", precisa Carlo Campagnoli, già presidente della Società italiana di ginecologia della terza età.
In tutti gli altri casi bisogna soppesare bene i possibili benefici del trattamento con i suoi rischi ed effetti collaterali, ricordando comunque che non tutti gli acciacchi che capitano dopo i cinquanta sono attribuibili al cambiamento ormonale. Perché "non tutte le donne soffrono allo stesso modo questo passaggio della vita", sostiene Paolo Zola, professore associato di ginecologia e ostetricia dell'Università di Torino, portavoce del gruppo di lavoro clinico che ha raccolto i dati della letteratura scientifica su rischi e benefici degli ormoni in menopausa: "Anzi, una su tre quasi non se ne accorge". E solo circa due su dieci hanno sintomi così fastidiosi da dover ricorrere agli ormoni. Per questo, precisa Campagnoli, "prima di cominciare la terapia è bene vedere come la singola donna affronta questa fase di passaggio". Ma il lungo elenco di rischi che i diversi studi associano alla terapia "non deve allarmare le donne per cui il trattamento è raccomandato, perché in questi casi il rapporto con i vantaggi è positivo", puntualizza Campagnoli. Serve ad aiutare le altre, alle quali i medici sconsigliano la terapia perché le loro condizioni rendono imprudente assumere farmaci che aumentano rischi cardiovascolari e oncologici, a fare scelte più consapevoli e motivate, alla luce di svantaggi accertati e benefici che si possono ottenere anche con altri sistemi.
Irritabilità, depressione, dolori osteoarticolari e aumento di peso possono avere molte concause. Sicuramente legate alla carenza di estrogeni sono solo le vampate di calore e le sudorazioni notturne, i disturbi del sonno e la secchezza della mucosa vaginale, che può rendere difficile e dolorosi i rapporti sessuali. "Si può innescare un circolo vizioso per cui la donna è meno predisposta all'atto sessuale, si eccita con maggiore difficoltà e ciò riduce la lubrificazione ostacolando ulteriormente il coito", spiega Campagnoli: "Nella maggior parte dei casi per risolvere il problema è sufficiente una crema, un gel o degli ovuli locali a piccole dosi di estrogeni". Per rivitalizzare la vita sessuale non vanno invece utilizzati i cerotti a base di testosterone entrati da pochi mesi in commercio: "L'indicazione è limitata a donne che soffrono di calo del desiderio e prendono estrogeni in seguito all'asportazione chirurgica delle ovaie", spiega il ginecologo, secondo cui anche questi prodotti vanno usati con cautela: possono dare acne, peluria in eccesso
"Le donne devono sapere che vampate e disturbi del sonno, per quanto fastidiosi, passano da soli e si possono ridurre in maniera sensibile con provvedimenti legati allo stile di vita", raccomanda Zola. La terapia ormonale, a più basse dosi e per il più breve tempo possibile, va riservata ai casi in cui questi sintomi sono percepiti dalla donna come importanti e persistenti, tenendo conto che tenderanno a ricomparire alla sospensione della cura.
L'obiettivo di conservare un aspetto più giovane, rallentando l'invecchiamento della pelle e mantenendo tonici i tessuti, non è sufficiente a giustificare l'uso degli ormoni: anche se dall'intervista di un centinaio di ginecologi del Triveneto risulta che un 30 per cento di loro qualche volta li prescrive a questo scopo, nonostante i noti pericoli legati al trattamento. Gli esperti riuniti a Torino, invece, invitano i medici e le donne a valutare con grande lucidità quando i farmaci sono opportuni. Perché i rischi esistono. "Il primo a emergere è stato il rischio di cancro", spiega Zola: "Appena si diffuse l'uso degli estrogeni si rese evidente che gli ormoni aumentavano in maniera significativa il rischio di tumore della parete interna dell'utero, l'endometrio". Questo effetto, però, fu facilmente neutralizzato, aggiungendo preparati progestinici che devono sempre andare in coppia con gli estrogeni, in un singolo preparato che li associa o in formulazioni separate. Mentre proteggono l'utero, tuttavia, i progestinici stimolano il tessuto della mammella, favorendo lo sviluppo di tumori. È questo il rischio più grave legato all'uso della terapia ormonale in menopausa. I dati dello studio clinico Whi (Women's Health Initiative), il più importante in questo ambito, condotto negli Stati Uniti su più di 16 mila donne sane in post menopausa e interrotto in anticipo perché era evidente che i rischi superavano di gran lunga i benefici, segnalavano otto casi in più di carcinoma della mammella ogni 10 mila donne trattate l'anno. "Un rischio che arriva a raddoppiare a seconda del tipo di progestinico utilizzato, e che produce effetti tutt'altro che trascurabili quando si pensa che il trattamento interessa milioni di donne in tutto il mondo occidentale", commenta Franco Berrino, direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Alla luce dei dati, la cura è comunque assolutamente da evitare nelle donne che hanno già avuto un tumore al seno. "È prudente sconsigliarla anche in chi ha avuto altre forme di cancro sensibili all'azione degli ormoni, come quello dell'utero o dell'ovaio", raccomanda Zola: "Non bisogna però fissare l'attenzione esclusivamente sui tumori. È evidente che non va data la terapia anche a chi ha avuto infarti, ictus o comunque soffre di malattie del cuore, grave obesità o diabete". Per quanto riguarda la pressione alta i pareri sono discordi e il peso di questo fattore di rischio per le malattie cardiache va soppesato di volta in volta.
Un gran numero di studi si è soffermato negli ultimi decenni sull'effetto del trattamento sulle malattie del cuore. Dimostrando un aumento di rischio di ictus, trombosi ed embolie venose. "Il rischio di infarto è maggiore nelle donne dopo i 60 anni e soprattutto nel primo e secondo anno di terapia", precisa Campagnoli. "Ma l'entità del rischio può dipendere anche dalla dose, dalla durata del trattamento e dalle sue modalità".
Nel soppesare rischi e benefici può essere utile un'ulteriore analisi dei dati dello studio 'Whi' che sarà pubblicata a giugno su l''American Journal of Cardiology': nelle donne con un rapporto tra colesterolo cattivo, quello Ldl, e colesterolo buono, Hdl, inferiore a 2,5 gli ormoni non sembrano aumentare il pericolo di malattie delle coronarie; al contrario, chi ha un indice maggiore corre un rischio che viene esaltato dal trattamento. Ma attenzione, avvertono gli autori dello studio: "L'esame del sangue mette in guardia solo contro angina e infarto, non serve a prevedere il rischio di ictus o di altre conseguenze patologiche".
È evidente che tocca allo specialista ascoltare la paziente, i suoi desideri e il suo stile di vita, valutare i parametri clinici e i fattori di rischio. Perché in questa materia nulla è bianco o nero. Persino in materia di osteoporosi i dati sono neri: "È vero che la cura ormonale aumenta la densità ossea, ma a fronte dei rischi immediati, il vantaggio sul pericolo di fratture si manifesta dopo decenni e si può ottenere in modo più sicuro con altri provvedimenti", dice Zola.
In sintesi: se non ci sono fattori di rischio, se i sintomi sono insopportabili e non aggirabili, vada per la Tos. Che non è una terapia per prevenire l'invecchiamento, le malattie del cuore o l'osteoporosi. Se il trattamento è necessario, è assolutamente da preferire il progesterone naturale e la cura deve essere a minor dosaggio e minor durata possibile. Soprattutto, l'invito degli specialisti alle donne è: capire, capire, capire. Farsi spiegare fino a che non si hanno più dubbi. E decidere consapevolmente.
"Chiediamo il sostegno del Presidente Mattarella, per richiamare la cittadinanza. Sarebbe paradossale che le organizzazioni sindacali dovessero trovarsi a ragionare su un possibile sciopero contro i cittadini nella veste di pazienti"
"Per molti presidenti di Regione i medici di medicina generale dovrebbero diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale". "Mancano 4500 medici e 10mila infermieri"
Rea (Simg Lazio): “Tra le principali esigenze, è fondamentale l’inserimento di personale infermieristico e amministrativo. Come le farmacie dei servizi ricevono investimenti anche la Medicina Generale può moltiplicare le sue funzioni”
Questo codice, attualmente in vigore, limita fortemente la possibilità di dar seguito a uno sciopero vero ed efficace, ostacolando di fatto qualsiasi iniziativa
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