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Corcione (Monaldi di Napoli): la sala operatoria è come la cabina di un aereo

Medicina Generale Redazione DottNet | 13/02/2009 11:07

Basta usare una semplice lista delle cose da fare, un pò come si fa con la spesa o come fanno i piloti di aerei per non dimenticare le procedure e le morti negli interventi chirurgici più importanti calano del 40%, mentre le complicazioni ben di un terzo. Lo ha dimostrato la lista elaborata dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sperimentata negli ospedali di otto città del mondo (Seattle, Toronto, London, Auckland, Amman, New Delhi, Manila e Ifakara in Tanzania), come spiega lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. La lista delle cose da fare o checklist è fatta da una singola pagina che si compila nel giro di pochi minuti. Si concentra sulle buone pratiche base da fare prima dell'anestesia, prima che il paziente sia 'aperto' col bisturi', e prima che sia portato fuori dalla sala operatoria. E' pensata per promuovere il lavoro di squadra e prevenire problemi come le infezioni o perdite di sangue non necessarie. In totale sono stati raccolti dati su 7.688 pazienti, di cui 3.733 prima dell'implementazione dell'uso della lista, e 3.955 dopo. Il tasso di complicazioni maggiori è sceso dall'11% al 7%, mentre quello delle morti causate da chirurgia è calato di oltre il 40%, scendendo dall'1,5% allo 0,8%. Cifre più o meno simili in tutti gli ospedali in cui vi è stata la sperimentazione.

 “La sala operatoria – spiega il professor Francesco Corcione responsabile dell’ Unità Operativa di Chirurgia Generale, Centro di Chirurgia Laparoscopica e Robotica del Monaldi di Napoli nonché presidente della Società Italiana di Chirurgia Endoscopica – assomiglia sempre più alla cabina di pilotaggio di un aereo”.
Anche per quanto riguarda le procedure?
Senza dubbio. Abbiamo dei rigidi protocolli da seguire prima d’intervenire su un paziente. Regole che riguardano ovviamente anche la cura e la manutenzione delle attrezzature, un passaggio fondamentale per prevenire problemi post operatori.
C’è differenza tra Nord e Sud in questo campo?
La principale differenza sta nel numero delle strutture: al Sud ce ne sono oggettivamente di più, molte però private. Cliniche che sono spesso chiamate a sopperire alle carenze, in materia di posti letto, degli ospedali pubblici.


Già, ma la qualità è la stessa?
In genere sì. Occorre però dire che spesso le cliniche private sono costrette a battagliare con i bilanci. E con i ritardi delle regioni nei pagamenti. Difficoltà economiche che potrebbero ricadere sulla tecnologia e sulla manutenzione dei macchinari. E’ un po’ il cane che si morde la coda, insomma.
Che cosa fate al Monaldi, per esempio, per rispettare i protocolli e la sicurezza del paziente?
Siamo stati i primi a introdurre in Italia il braccialetto identificativo con un codice a barre. Così il paziente non rischia di avere terapie destinate ad altri e soprattutto ha la certezza di poter usufruire di cure mirate, come per i diabetici. Inoltre abbiamo sale operatorie aggiornate con i più moderni macchinari e otto posti letto in terapia intensiva e altrettanti in rianimazione. L’assistenza post operatoria è importante come l’intervento.

Silvio Campione
 

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