Quarant'anni fa un infarto era mortale nel 50% dei casi, oggi in terapia cardiologica intensiva si salvano 95 pazienti su 100.
L'importante è arrivare presto a una Utic, l'Unità di terapia intensiva cardiologica. In caso di infarto, chi approda a una di queste strutture specializzate può già tirare un mezzo sospiro di sollievo: oggi 95 ricoverati su 100 si salvano.
E fra chi è sottoposto ad angioplastica primaria, la procedura che riapre le coronarie ostruite attraverso un "palloncino", la percentuale sale addirittura al 97%. Dati confortanti che arrivano dallo studio BLITZ-3, un'indagine condotta su oltre 7000 pazienti ricoverati dal 7 al 20 aprile scorso in 332 Utic, presentata a Firenze all'ultimo congresso dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco). Passi da gigante rispetto a 40 anni fa, quando incappare in un infarto significava morirne in un caso su due. Merito dei farmaci, delle procedure interventistiche (oggi eseguite sul 45% dei pazienti, tre volte di più rispetto al 2001) e della "rete" cardiologica. Che, evidentemente, ha cominciato a funzionare a dovere.
«Non tutti i centri hanno le stesse dotazioni e competenze: non ovunque, ad esempio, si possono fare angioplastiche in emergenza. Ogni paziente deve essere portato dove troverà i trattamenti più adatti al suo caso: questo è il senso della rete di soccorso cardiologico. Non a caso i "nodi critici" sono proprio dove la rete funziona peggio — spiega Francesco Chiarella, uno dei coordinatori del BLITZ-3 —. Il punto di forza italiano? Queste alte percentuali di sopravvivenza, simili a quelle delle cardiologie d'eccellenza europee o americane, sono omogenee ovunque: esistono differenze regionali, ma sono di scarso rilievo ».
"Chiediamo il sostegno del Presidente Mattarella, per richiamare la cittadinanza. Sarebbe paradossale che le organizzazioni sindacali dovessero trovarsi a ragionare su un possibile sciopero contro i cittadini nella veste di pazienti"
"Per molti presidenti di Regione i medici di medicina generale dovrebbero diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale". "Mancano 4500 medici e 10mila infermieri"
Rea (Simg Lazio): “Tra le principali esigenze, è fondamentale l’inserimento di personale infermieristico e amministrativo. Come le farmacie dei servizi ricevono investimenti anche la Medicina Generale può moltiplicare le sue funzioni”
Questo codice, attualmente in vigore, limita fortemente la possibilità di dar seguito a uno sciopero vero ed efficace, ostacolando di fatto qualsiasi iniziativa
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